Magistratura

Sentenza choc: se sei islamico puoi menare la moglie

Il pubblico ministero di Brescia non si rende neppure conto di quello che sta buttando giù: la dichiarazione universale dei diritti dell’umanità

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Il pubblico ministero di Brescia non si rende neppure conto di quello che sta buttando giù: la dichiarazione universale dei diritti dell’umanità. Quella che ha davanti è una ragazza di 27 anni, madre di due figli, cittadina italiana, le sue origini sono in Bangladesh. «Sono stata trattata da schiava, picchiata, umiliata».
La ragazza invece trova un pm che con un colpo di ingegno scardina i pilastri dell’Occidente. Il marito va assolto perché «la disparità tra l’uomo e la donna è un portato della sua cultura, una visione del mondo che la parte offesa aveva accettato in origine». È un atto di relativismo culturale che manda al macero le costituzioni di mezzo mondo.

l pubblico ministero di Brescia non si rende neppure conto di quello che sta buttando giù. Non lo sa perché non lo vede e questa non è una cosa da nulla. Non c’è empatia e non c’è sapienza. Quella che ha davanti è una ragazza di 27 anni, madre di due figli, cittadina italiana, le sue origini sono in Bangladesh. La sua prigione è un matrimonio, con un uomo che le ha tolto dignità e se ne frega dei diritti naturali, individuali, inalienabili. Ha subito per anni. «Sono stata trattata da schiava, picchiata, umiliata. Costretta al totale annullamento con la costante minaccia di essere portata definitivamente in Bangladesh». L’unica sua speranza era trovare giustizia davanti a un tribunale italiano. È quello che ha cercato di fare. C’è una legge che va oltre gli usi e costumi delle genti, che se ne frega di qualsiasi violenza commessa per presunte fedi e tradizioni.

È una legge che non solo non dovrebbe avere confini, ma che proprio nell’Italia che ha riscritto il senso dei delitti e delle pene non si può rinnegare. Il Bangladesh è lontano. La ragazza invece trova un pm che con un colpo di ingegno scardina i pilastri dell’Occidente. Il marito va assolto perché «la disparità tra l’uomo e la donna è un portato della sua cultura, una visione del mondo che la parte offesa aveva persino accettato in origine». La pubblica accusa si appella insomma al relativismo culturale. È come dire che non tocca ai pm giudicare i valori di un bengalese e sembra un modo per togliere agli europei quel vizio di sentirsi al centro del mondo. Ci sta, ma non in questo tribunale. I fatti, i reati, sono avvenuti a Brescia non in Bangladesh. E questo dovrebbe già chiudere il discorso. C’è però qualcosa di più, ancora più profondo.

Il pm ci sta dicendo qualcosa che straccia gran parte delle costituzioni liberal-democratiche. I diritti dell’umanità non sono più universali. Si sta parlando di quei principi scritti come sacri nella dichiarazione dei diritti umani approvata il 10 dicembre 1948 dall’assemblea delle Nazioni Unite. Bastano i primi due articoli. «Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti». «Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione».

Un pm di Brescia ha mandato al macero tutto questo.

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