Cultura e Spettacoli

Mario Pannunzio: se il giornalismo diventa cultura politica

È lecito chiedersi: il liberalismo è conservatore? La risposta sembrerebbe scontata se si pensa alla sua esperienza storica, europea e occidentale; esperienza, in buona parte, che sembra confermare questo giudizio. Proprio contro questa interpretazione si è venuta formando - per rimanere nell’ambito del nostro Paese - un’idea che rivendica invece un carattere più «dinamico» al pensiero e all’azione liberale, con l’intento di portarli in un’area politicamente progressista. Basti pensare a tutti coloro che, a vario titolo, si rifanno al lascito di Piero Gobetti, di Giustizia e Libertà e del partito d’azione. Contemporaneamente, però, ha ripreso vigore anche una linea «classica», rivendicante l’insegnamento della Scuola austriaca (Hayek, Mises ed altri), per la quale, pur con le doverose distinzioni e problematicità, è impossibile scindere il liberalismo dal liberismo.
Per quanto riguarda l’Italia, ci aiuta ora a fare ampia luce su questa tematica un saggio di Antonio Cardini: Mario Pannunzio, Giornalismo e liberalismo. Cultura e politica nell’Italia del Novecento (1910-1968) (Edizioni Scientifiche Italiane). Cardini ricostruisce la complessa traiettoria di Pannunzio, mostrando come sia possibile comprendere meglio le molteplicità interpretative dell’ideologia liberale, qualora queste vengano sottoposte ad un’analisi allo stesso tempo storica e dottrinaria. E, sotto quest’ottica, risulta proprio esemplare il caso di Pannunzio perché le sue vicende politiche e culturali evidenziano le grandi difficoltà dell’affermazione in Italia del pensiero e dell’ethos del liberalismo «classico»; un liberalismo, cioè non inclinante al conservatorismo, né a quel progressismo di sinistra che, di fatto, coincide con una posizione filocomunista.
Nato a Lucca nel 1910 e morto a Roma nel 1968, Pannunzio è stato senz’altro l'emblema della ricerca di questa «terza via» fra destra e sinistra. Prima con il Risorgimento liberale (1943-47), poi con Il Mondo (1949-1966), Pannunzio ha rappresentato in modo ammirevole questo orientamento realistico di centro, sottraendosi a tutte le pressioni di parte. La posizione liberale di Pannunzio è chiaramente rintracciabile nella critica senza tentennamenti del totalitarismo, per cui comunismo e fascismo sono due facce di una stessa medaglia. Esemplare fu la sua battaglia per la libertà della cultura contro l’asservimento degli intellettuali alle egemonie partitiche, il cui esempio più emblematico era allora rappresentato dal modello gramsciano dell’intellettuale organico. Laico convinto, lottò però sempre contro la caricatura della laicità, il laicismo, giudicato altrettanto anacronistico del clericalismo.

Rivendicando una sorta di continuità ideale con il Risorgimento cavouriano, intese dimostrare la possibilità di un liberalismo concreto e realistico, e ciò spiega perché egli avversò il radicalismo utopistico e velleitario del partito d’azione.

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