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Il martirio di Rivi prete bambino nella guerra civile

Il martirio di Rivi prete bambino nella guerra civile

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Il martirio di Rivi prete bambino nella guerra civile

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A veva solo 14 anni, Rolando Rivi, quando fu ucciso a sangue freddo il 10 aprile del 1945: ancora pochi giorni, e la gente in piazza avrebbe festeggiato la Liberazione. Un omicidio crudele e spietato, uno dei tanti avvenuti nella rossa Emilia dove spadroneggiavano bande di partigiani garibaldini volte ad affermare con le armi la rivoluzione comunista. La colpa di Rolando era di vestire l'abito talare: lui, giovane seminarista, non se ne separava mai, nemmeno in quei tempi caotici e bui. La sua vicenda è ricordata da un graphic novel da pochi giorni in libreria, Rolando. Storia di un martirio (Renoir) scritto da Alessandro Mainardi e disegnato da Giampiero Casertano, uno dei veterani del mondo dei comics e apprezzato autore della scuderia Bonelli (Dylan Dog).

La vicenda si dipana su tre piani temporali che si intersecano partendo dal processo ai due assassini, Giuseppe Corghi (commissario politico della brigata Dolo) e Narciso Rioli (comandante), cominciato nel gennaio 1951, per poi fare un salto temporale fino ai giorni nostri, nel 2001, quando una ciocca di capelli impregnata del sangue del martire contribuisce a salvare la vita un bambino inglese di due anni ammalato di leucemia. Una guarigione miracolosa che ha contribuito al percorso verso la canonizzazione di Rolando, diventato beato nel 2013 perché riconosciuto martire «in odium fidei». La parte centrale del libro ricostruisce la breve vita di questo ragazzino dolce e vivace il cui sogno era diventare prete. Mainardi segue le carte processuali tratteggiando la figura del giovane, mentre Casertano disegna in modo funzionale ricreando gli ambienti e le atmosfere dell'epoca. Fu un delitto efferato: il ragazzino, dopo essere stato a lungo torturato, fu portato in un bosco e posto di fronte a una fossa appena scavata. Venne ucciso da Corghi a sangue freddo con due colpi di pistola. La sentenza di condanna di Corghi e Rioli afferma che i due sono «indegni della qualifica di partigiani perché hanno agito in contrasto con il loro dovere di fare giustizia sana e imparziale». Condannati a 23 anni di galera, ne scontarono solo sei dato che l'amnistia Togliatti li fece uscire anzitempo. Si deve a due donne l'inaspettato epilogo della vicenda.

Nel 2018 la figlia di Corghi ha abbracciato la sorella di Rolando in un forte gesto di riappacificazione, che dovrebbe farci riflettere sul sangue versato durante le epurazioni avvenute in nome dell'ideologia, e sulla necessità di perseguire la verità storica.

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