Cronaca locale

Ortomercato, non chiude mai la "dispensa" dei milanesi

Frutta, verdura, carne e pesce entrano prima dell'alba Ferrero: "Nessun problema per l'approvvigionamento"

Ortomercato, non chiude mai la "dispensa" dei milanesi

Ogni notte, dalle 4, centinaia di mezzi pesanti varcano i cancelli di via Lombroso ed entrano con le loro merci nel polo agroalimentare di Milano, ribattezzato Foody dopo l'Expo. Scaricano ogni specie di frutta, di verdura e poi carne, pesce, fiori in quello che è il più importante mercato d'Italia. Le merci arrivano da tutta la penisola, dalle isole, dall'estero, ma soprattutto dalla Lombardia: sapevate che Milano, con 3.700 ettari coltivati, è il secondo Comune più agricolo d'Italia? In tutto, qui passano 40mila quintali di prodotti freschi al giorno, circa 12 milioni di quintali all'anno, 300 mila tonnellate esportate in altri Paesi. Un centro logistico nel quale gli stessi prodotti arrivano ed escono, come in un hub, per essere distribuiti sul territorio, a Milano (40%), in Piemonte ed Emilia (35%), all'estero (25%), e raggiungono fruttivendoli, ristoranti, alberghi, mense, supermercati: s'irradiano verso una platea di 10 milioni di persone. Questo vuol dire che il nostro cibo dipende, in qualche modo, da questo colossale nodo annonario che ci permette di avere varietà e continuità di rifornimento. È importante, in questo momento di emergenza, capire come sta funzionando l'anticamera della nostra dispensa.

«Non abbiamo alcun problema di approvvigionamento assicura Cesare Ferrero, dal 2016 presidente di Sogemi, la società del Comune che gestisce la grande piattaforma logistica - Non vediamo criticità sulla disponibilità della merce, né choc speculativi sui prezzi. Gli incrementi fanno parte della normale dialettica tra domanda e offerta. Eventuali carenze di singoli prodotti, che ne so, asparagi o broccoli non sono significative. Come non lo sono i prezzi bassi delle fragoline che vivono un momento di eccesso di produzione». Questo significa anche che a monte, nell'apparato agricolo, non sono emersi problemi legati ai raccolti: «In caso contrario vedremmo mancare la merce».

L'emergenza comunque arriva anche qui. Innanzitutto con calo generalizzato nelle vendite di pesce che soffrono la chiusura dei ristoranti: quello ittico è un mercato di tradizione e di grande valore e sta soffrendo molto, con un crollo del 75 per cento delle vendite che valgono 150 milioni all'anno. In tutto, la merce intermediata da Foody vale un miliardo all'anno e il grosso appartiene all'ortofrutta (75%) che ha mantenuto livelli elevati di scambi, favorito anche dalla buona produzione agricola stagionale; il rimanente 10% è il giro d'affari di carne e fiori. Questi ultimi (il 90% è importazione) sono praticamente chiusi, con qualche ordine marginale legato all'attività mortuaria, poca perché i funerali sono vietati. In generale la tensione, più che sui prodotti, si avverte sui costi di trasporto, cresciuti a causa delle limitazioni agli autisti e ai carichi nei porti che sono rallentati.

Azzerato invece il vivace mercato al dettaglio del sabato mattina, dove la merce viene venduta a cassette ai privati a prezzi molto bassi, da non credere: «Lo abbiamo chiuso per tutelare il mercato all'ingrosso, perché sarebbe impossibile al contrario di quest'ultimo identificare tutte le persone che entrano». La sicurezza all'ingresso è infatti una delle principali modalità per individuare e impedire l'accesso di casi problematici e identificare tutti con la tessera permette di intervenire tempestivamente. «Sono stati incrementati - dice Ferrero - i servizi di sanificazione e di pulizia, vengono distribuiti guanti e mascherine ed effettuati controlli sulla temperatura e sulla percentuale di ossigeno».

Sogemi fattura 15 milioni all'anno e ha l'obbligo di chiudere il bilancio in pareggio, con un sistema tariffario calmierato in funzione della pubblica utilità dell'attività che svolge. Sono in corso investimenti per 100 milioni destinati soprattutto al rifacimento delle strutture degli anni Sessanta, ormai obsolete, il piano di lavori è triennale, con grosso impegno sulla logistica e sulle tecnologie. «Mercati come Parigi o Madrid sono il nostro modello; vi si scambiano, rispettivamente, merci per 2,5 e 2 miliardi e noi possiamo ambire a crescere significativamente come grande hub internazionale del made in Italy alimentare.

L'emergenza di oggi sottolinea anzi che un mercato come quello di Milano è un'infrastruttura assolutamente essenziale per garantire una distribuzione alimentare efficace e conveniente».

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