Cronaca locale

Trafficanti di clandestini la base logistica a Milano

Gravitava nella «casbah» cittadina il pakistano che procurava documenti falsi agli immigrati

Paola Fucilieri

L'ultima telefonata, quasi profetica, la sera prima di essere arrestato dai carabinieri del Ros di Milano, è stata per la sua convivente pakistana. Che, come tutte le donne, sapeva benissimo con chi aveva a che fare: il suo uomo, il connazionale 27enne Ahsan «Hassan» Muhammad, che condivideva con lei l'appartamento di via Venini 16, spesso la lasciava sola per passare la notte fuori impegnato in ben altri amori. E magari, perso nell'oblio dei sensi, si scordava di chiamarla. Invece venerdì sera Hassan riceve un sms della sua ragazza e, dopo 5 minuti, la richiama. «Vedi che sono stato bravo? Ti ho richiamato come promesso. Sto ancora bene» le dice al telefono. La donna chiede spiegazioni su quell'«ancora» che lascia presagire qualcosa di negativo. «E chissà - risponde lui scherzando - questa potrebbe essere l'ultima telefonata». Dall'altra parte gli investigatori che intercettano la conversazione tremano: Hassan ha capito che per lui, tra qualche ora, scatteranno le manette? Impossibile!

Infatti Muhammad non sa nulla, chiacchiera così, tanto per fare. E ieri mattina alle 5 lo arrestano puntualmente a casa sua in via Venini per poi portarlo in caserma in via Lamarmora 29. L'uomo che forniva i documenti falsi ai migranti afghani e pakistani arrivati dalla Slovenia e dall'Ungheria attraverso il confine friulano stipati su furgoni Fiat Ducato, è l'ultimo anello di un'associazione per delinquere finalizzata all'immigrazione clandestina a cui appartengono altri suoi tre connazionali, già in carcere tra l'Ungheria, la Slovenia e Verona. Un'organizzazione che, facendosi pagare 1000 euro a persona, è stata sgominata in otto mesi d'indagine condotte dal Ros di Udine, dalla Dda di Trieste, dal Ros di Milano e dall'Europol con le polizie slovena e ungherese e in parte anche dalla questura di Gorizia.

Muhammad, spregiudicato quanto basta, lavorava in un call center e money transfer in via Gaffurio, a due passi da via Venini, ma passava il suo tempo libero in via Padova e in viale Monza. Dove, da musulmano non praticante, si concedeva vizi e piaceri di ogni genere, incontrandosi con altri pakistani.

«I documenti? Me li forniva un tizio che incontravo in un bar, ma non ho mai saputo il suo nome, avevo solo il telefono» ha spiegato, facendo il finto tonto, ai carabinieri che l'hanno torchiato prima di portarlo a San Vittore. Ora il Ros di Milano proprio quel «tizio» e la sua stamperia vuole trovare.

I documenti falsi, anche se non sono capolavori, potrebbero infatti far gola agli amici del Califfato, in particolare agli aspiranti foreign fighters.

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