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Idlib, l'ultima roccaforte ribelle

Ragioni strategiche, militari e politiche: ecco perché il controllo della provincia di Idlib è così importante per Assad

Idlib, l'ultima roccaforte ribelle

Perché Damasco tiene così tanto a stroncare l'ultima roccaforte ribelle di Idlib? Questa provincia è importante in primo luogo perché ospita le ultime sacche di ribelli, soprattutto Hayat Tahrir al Sham: la sua riconquista, quindi, certificherebbe la vittoria totale da parte di Assad. Dopo la ripresa delle Ghouta Orientale, di Daràa e di Quneitra il governo centrale riavrebbe il totale controllo della Siria occidentale, dove vive la maggior parte della popolazione. Riprendere Idlib vuol dire anche controllare l’autostrada M5, che parte dalla Giordania e arriva fino in Turchia, fondamentale per le rotte di rifornimento, e della M4, che collega Aleppo a Latakia, città costiera roccaforte degli al Assad, oltre che sede della base aerea russa di Hmeimim.

Il più esteso ammasso di profughi in Siria

Prima dell’inizio della guerra nella provincia di Idlib vivevano circa 750mila siriani, perlopiù agricoltori, in una zona famosa per la produzione di olive, grano e ciliegie. Oggi, la popolazione della provincia è triplicata: sarebbero circa 2,5 milioni i residenti dell’area, per lo più sfollati da altre province ricatturate nei mesi scorsi da Damasco. "Il più esteso ammasso di campi profughi del mondo", è stata tempo fa la definizione della provincia di Idlib da parte di Jan Egeland, a capo della task force umanitaria delle Nazioni Unite in Siria.

Quelle cellule dormienti di Isis

Oltre alla popolazione civile, ad Idlib ci sarebbero circa 70.000 miliziani delle formazioni ribelli, appartenenti a diversi gruppi: il principale è Hayat Tahrir al Sham (HTS), il nome del gruppo che fino al 2016 si è fatto riconoscere come "Fronte Al Nusra", legato ad Al Qaeda, seguito dal Fronte di Liberazione nazionale, una coalizione ombrello che comprende Ahrar al Sham, la brigata Nureddine al Zinki e altre quattro piccole fazioni ribelli. Infine, c’è un piccolo esercito addestrato in Turchia, composto da circa 35000 combattenti. E ci sarebbero anche alcune cellule dormienti dell’Isis, non allineate con i ribelli ma spesso impegnati in lotte intestine con loro.

Chi si oppone all'intervento

La Turchia è fermamente contraria ad una offensiva su larga scala: teme che possa provocare una nuova ondata di profughi verso i propri confini. Ankara vanta 12 punti di osservazione intorno ai confini di Idlib, e ha chiesto a Mosca di di isolare i ribelli qaedisti di HTS dalle altre formazioni. Mosca, da parte sua, ha ribadito il diritto siriano a riprendere il controllo del territorio e l’intenzione di sostenere l’offensiva «contro gruppi terroristici»: un punto importante, perchè per questi gruppi la Russia e la Siria considerano non valide le proposte di cessate il fuoco e di zone di deescalation. L’Iran, l’altro principale alleato siriano, che sostiene milizie sciite oggi ammassate soprattutto intorno al confine est della provincia di Idlib, ha fatto sapere tramite il proprio ministro degli Esteri Mohammad Zarif che «i gruppi armati di Idlib devono essere scacciati, e che l’area dovrebbe tornare sotto il controllo del popolo siriano».

Gli Usa hanno sempre minacciato di reagire in caso di un attacco con armi chimiche, ma nella notte il presidente Donald Trump ha lanciato un pesante monito: "Il presidente siriano Bashar al-Assad non deve attaccare sconsideratamente la provincia di Idlib. I russi e gli iraniani farebbero un grave errore umanitario partecipando a questa potenziale tragedia umana. Centinaia di migliaia di persone potrebbero essere uccise.

Non lasciare che succeda!".

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