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L'appello del Papa in moschea: "Mai più violenza in nome di Dio"

Bergoglio alla moschea di Baku: "Salga un grido accorato". Poi lancia l'appello: "Non profanare mai più il nome di dio con la violenza"

L'appello del Papa in moschea: "Mai più violenza in nome di Dio"

"Non ci sia mai più violenza in nome di Dio". Questo il grido di Papa Francesco alla moschea "Heydar Aliyev" di Baku dove ha chiesto che tutte le religioni si impegnino a "dialogare con gli altri e pregare per tutti" e che con questi "mezzi" contribuiscano a "superare le barriere, debellare le povertà e le ingiustizie, denunciare e arrestare la proliferazione di armi e i guadagni iniqui fatti sulla pelle degli altri".

Dopo essersi tolto le scarpe ed essere entrato nella moschea "Heydar Aliyev" di Baku (guarda la gallery), Bergoglio ha ricevuto in dono un piccolo tappeto denominato "preghiera", che viene usato per pregare all'interno del luogo sacro, e ha risposto regalando un mosaico che raffigura Castel Sant'Angelo. "La voce di troppo sangue grida a Dio dal suolo della terra, nostra casa comune - ha detto papa Francesco - ora siamo interpellati a dare una risposta non più rimandabile, a costruire insieme un futuro di pace: non è tempo di soluzioni violente e brusche, ma l'ora urgente di intraprendere processi pazienti di riconciliazione". Bergoglio ha, quindi, spiegato che "dio non può essere invocato per interessi di parte e per fini egoistici""può giustificare alcuna forma di fondamentalismo, imperialismo o colonialismo". "Ancora una volta, da questo luogo così significativo, sale il grido accorato - ha, poi, concluso il Santo Padre - mai più violenza in nome di Dio! Che il suo santo nome sia adorato, non profanato e mercanteggiato dagli odi e dalle contrapposizioni umane".

Alla moschea di Baku Bergoglio ha rilanciato l'appello biblico che invoca di "mutare le lance in falci, per far sorgere amore dove c'è odio e perdono dove c'è offesa, per non stancarci di implorare e percorrere vie di pace". "Una pace vera, fondata - ha spiegato - sul rispetto reciproco, sull'incontro e sulla condivisione, sulla volontà di andare oltre i pregiudizi e i torti del passato, sulla rinuncia alle doppiezze e agli interessi di parte; una pace duratura, animata dal coraggio del dialogo". Per il Santo Padre, "le religioni hanno un compito educativo: aiutare a tirare fuori dall'uomo il meglio di sé. E noi, come guide, abbiamo una grande responsabilità, per offrire risposte autentiche alla ricerca dell'uomo, oggi spesso smarrito nei vorticosi paradossi del nostro tempo. Vediamo, infatti, come ai nostri giorni, da una parte imperversa il nichilismo di chi non crede più a niente se non ai propri interessi, vantaggi e tornaconti, di chi butta via la vita adeguandosi all'adagio 'se Dio non esiste tutto è permesso' - ha continuato - dall'altra parte, emergono sempre più le reazioni rigide e fondamentaliste di chi, con la violenza della parola e dei gesti, vuole imporre atteggiamenti estremi e radicalizzati, i più distanti dal Dio vivente". Infatti, ha ricordato, "le religioni, al contrario, aiutando a discernere il bene e a metterlo in pratica con le opere, con la preghiera e con la fatica del lavoro interiore, sono chiamate a edificare la cultura dell'incontro e della pace, fatta di pazienza, comprensione, passi umili e concreti".

"Così - ha scandito - si serve la società umana". Al contrario, ha raccomandato il Papa, "le religioni non devono mai essere strumentalizzate e mai possono prestare il fianco ad assecondare conflitti e contrapposizioni".

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