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Quando Enzo Ferrari ordinò di distruggere la macchina di Miami Vice

Per le riprese della popolarissima serie tv i produttori costruirono una vettura "stunt", nell'intento di non ammaccare la carrozzeria della rossa originale. Enzo la prese malissimo e reagì esageratamente

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Chi ha trascorso qualche istante nella sua stanza dice che schiuma rabbia da ogni poro. Comunque non serve origliare alla porta per averne la conferma. Quegli strilli scuotono mezza Modena. Enzo Ferrari, di solito dignitosamente composto, è davvero furente. "Ma come si sono permessi?", ripete mantricamente, componendo cerchi concentrici d'indignazione. Poi chiede che riavvolgano il nastro e rimandino la cassetta. "Non ci credo, non ci posso credere".

Il fulcro di quella vorticosa deflagrazione nervosa è tutto racchiuso in una clip prodotta a centinaia di migliaia di km di distanza. L'anno è il 1984. Sugli schermi italiani dilagano le avventure di James Crocket e Ricardo Tubb, Sonny e Rico per i più intimi. Miami Vice è un cult. La loro vocazione? Dare la caccia ai trafficanti di droga che infestano la città, muovendosi a bordo di potentissimi bolidi. Appunto.

Premessa. Negli States la sanno lunga, in fatto di serie tv. Conoscono le pieghe dell'anima di ogni spettatore medio. Comprendono quanto l'abbinamento tra una città desiderabile, un'icona dei motori e il genere poliziesco possa fare impennare gli ascolti. Così il primo destriero selezionato per l'irredimibile coppia è la mitologica 365 GTS/4 Daytona Spyder. Soltanto 122 esemplari costruiti nel mondo, di cui ben 96 in America. Segni particolari? Coupè con tettuccio apribile, linee ammiccanti e un ruggente V12 a spingerla fino ai 288 km/h potenziali. Uno zaffiro troppo delicato per pensare sul serio di poterlo ammaccare o sfasciare nei realistici inseguimenti della serie.

Conseguenza? La vettura originale viene mostrata soltanto nella puntata pilota, ferma in un parcheggio. Per tutto il resto del tempo la rimpiazza una sorta di macchina "stunt", costruita sul telaio di una Chevrolet Corvette C3. Una replica, insomma. Quella sì, può anche prendere qualche bottarella. Unica, per nulla risibile, questioncella? A Maranello esplode una rabbia tellurica. L'impudenza dei produttori deve essere punita duramente.

Alza dunque la cornetta, Enzo nazionale, e infila l'indice nella rotella telefonica. Trilla per una manciata di volte. Poi il cavo agganciato in fondo all'oceano restituisce un timbro gioioso: "Oh, mister Ferrari". Lui però non si gingilla in convenevoli. Va dritto al punto: "Non voglio più vedere quella macchina nella serie. Distruggetela. Vi mando io due nuove Ferrari che potrete usare durante le riprese". Gioco, partita, incontro.

Un volo cargo si solleva da lì a poco con in pancia un prezioso carico. Dentro, le ultime due partorite: due Testarossa da 390 cavalli, destinate a rimanere positivamente sedimentate nella memoria collettiva per quel colore inedito, un bianco lucente (voluto dal produttore, Michael Mann, per creare un maggiore stacco durante le riprese notturne). Nel frattempo la Daytona fasulla incorre in una fine impietosa: quelli della produzione decidono di farla colpire da un missile nella prima puntata utile. In mille pezzi. Kaput.

Adesso, quando si sintonizza, Enzo si sfrega le mani. Osserva Sonny e Rico in quell'abitacolo esclusivo, intenti a scrutare i movimenti alle loro spalle da quell'unico sinuoso specchietto retrovisore, oppure a lanciarsi verso inseguimenti pirotecnici (anche se poi, per le scene più intricate, verrà usata un'altra macchina). Il credito del brand negli States, già esponenziale, cresce ancora a dismisura. Una Ferrari non contempla repliche.

Giustizia è stata fatta.

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