Cronaca locale

Cimitero Poggioreale ancora chiuso da quasi sei mesi

La voce dei cittadini arrabbiati ed amareggiati si leva forte. Intanto ad inizio giugno si è verificato un nuovo crollo nel cimitero di Poggioreale

Cimitero Poggioreale ancora chiuso da quasi sei mesi

A Napoli è complicato anche portare un semplice saluto ai propri cari defunti. A distanza di oltre 5 mesi dal crollo delle congreghe di San Gioacchino e dei Dottori Bianchi nel cimitero Monumentale di Poggioreale, avvenuto nella notte tra il 4 ed il 5 gennaio di quest’anno a seguito di un allagamento nei cantieri della metropolitana Linea 1 in costruzione, tutto appare fermo. O quasi.

I napoletani sono amareggiati. Da tempo fanno sentire la propria voce, anche con sit-in all’esterno del camposanto. Ma la svolta tanto attesa al momento non c’è. Così come non esistono date certe per il ritorno alla normalità. A peggiorare la situazione ci si è messo anche il nuovo cedimento, avvenuto nella notte tra il 5 ed il 6 giugno, che ha ulteriormente danneggiato l’edificio dell’arciconfraternita di San Gioacchino.

I cancelli restano chiusi, al massimo qualcuno si ferma sulla strada all’esterno del camposanto per recitare una preghiera. Una forzatura dettata dalle esigenze che, però, non appaga i cittadini. Perché non è così che si vorrebbe portare un saluto a chi non c’è più. C’è chi prova a mantenere viva l’attenzione sul cimitero provando a coinvolgere i media. È il caso di un professore universitario in pensione che ha deciso di scrivere una lettera al Corriere del Mezzogiorno per raccontare il proprio malcontento.

Nella missiva il lettore non solo evidenzia che la classe politica e amministrativa di Napoli ha una "incapacità storica di affrontare in modo concreto le sue gravissime criticità" ma ammette di essere rimasto stupito "dai surreali recenti provvedimenti della nuova amministrazione comunale, tra cui il divieto (poi ritirato) di stendere i panni all'esterno e di librare in volo palloncini (deve esserci in Comune un artista nascosto di Chagaliana sensibilità)". Il tutto a fronte degli "enormi problemi strutturali della città, sempre più invivibile per l'accumulo dei rifiuti e per l'invasione dei marciapiedi da parte di bar e ristoranti, nell'assenza di qualsiasi controllo".

Il lettore si sofferma poi sul problema del cimitero, considerato "indegno di una città civile". Il suo giudizio è netto e tagliente: "Da circa sei mesi nessuno può entrare, né per visitare i propri cari, né per tumulare i defunti nelle proprie nicchie, senza che l'Amministrazione offra alcuna alternativa, senza che l'assessore ai cimiteri senta il dovere di informare i cittadini". Lo stesso pensionato evidenzia che il decreto di sequestro giudiziario è uno strumento "indispensabile per accertare cause e responsabilità di un crollo" ma esso deve avere "un'estensione topografica ed una durata temporale compatibile con la logica e rispettosa delle esigenze della popolazione". "È possibile che Napoli, città in cui il culto dei morti è stato sempre molto forte, sopporti tutto questo, senza protestare?", si chiede il lettore che conclude in modo amaro: "Allora è veramente morta anche l'anima della città".

Una constatazione, questa, che racconta il malessere e il dolore che stanno vivendo i cittadini, che vorrebbero solo poter varcare quei cancelli. Il tempo passa e l’angoscia ed il dispiacere crescono. Tutti chiedono alle autorità di agire. Un piccolo passo è stato compiuto lo scorso 6 giugno quando si è tenuta una riunione per discutere della delicata situazione alla quale hanno partecipato i dirigenti dell’area dei cimiteri dell'ente di Palazzo San Giacomo, il perito di parte del Comune, il professor Occhiuzzi, e i rappresentanti di Metropolitana Napoli.

I presenti hanno esaminato la relazione di intervento redatta dai vigili del fuoco dopo il sopralluogo del 20 maggio scorso. Nel corso della riunione sono state individuate le varie competenze e le regole da attuare per le varie attività da portare a termine, tra cui la messa in sicurezza ed il prelievo dei resti mortali. Non va dimenticato, infatti, che nel crollo sono stati coinvolti oltre 200 loculi, con le bare dei defunti danneggiate e salme finite tra le macerie.

Un crollo avvenuto quasi sei mesi fa. Da allora i napoletani possono solo ricordare da lontano i propri cari. Forse portare fiori sulle tombe è un gesto che serve più ai vivi che ai morti. Un gesto semplice che idealmente unisce chi è ancora su questa Terra con chi ha concluso il suo cammino.

Ma ai napoletani non è concesso neanche questo.

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