Cronaca locale

Pochi posti letto e dottori: cosi crolla l'ospedale di De Luca

Auto e ambulanze in coda per ore per accedere al pronto soccorso dell'ospedale Cotugno di Napoli. Il primario del pronto soccorso ci spiega le file degli ultimi giorni

Pochi posti letto e dottori: cosi crolla l'ospedale di De Luca

Ambulanze e auto in coda davanti al pronto soccorso e, nelle lunghe attese, i malati assistiti nelle proprie macchine. Con l’avanzare del contagio da Covid sono queste le scene che si sono presentate all’esterno del Cotugno di Napoli, ospedale di riferimento per le malattie infettive in una delle regioni più colpite dal Covid-19 nella seconda ondata di coronavirus. Una situazione drammatica, quella della città partenopea, testimoniata anche dalla morte di un paziente al Cardarelli.

"C'è stato un sovraffollamento, una sopra-richiesta di posti letto, che abbiamo potuto soddisfare fino a un certo punto. Per cui la gente ha aspettato. C'è gente che ha aspettato un'intera notte". Così Nicola Maturo, responsabile del pronto soccorso dell'ospedale Cotugno, ha spiegato le file che negli ultimi giorni si sono formate davanti al nosocomio dell'azienda dei Colli. Mentre parla, all’indomani dell’ultimo giorno scandito dalle file di auto e ambulanze, la situazione che si presenta alle sue spalle sembra molto più tranquilla di quella a cui si è assistito negli ultimi giorni. "È a momenti – dice - Stamattina (ieri, ndr), per esempio, non c'era assolutamente nessuno e adesso nel giro di mezzora abbiamo un'ambulanza e un paio di vetture dentro".

La coda e le attese

Le immagini dei pazienti in auto attaccati alle bombole di ossigeno in attesa di entrare al pronto soccorso hanno fatto il giro del mondo. In coda c'erano ambulanze e auto private. Almeno 10-12 i veicoli incolonnati per ore lunedì scorso. Ma c’erano anche persone arrivate a piedi. "Il 118 - rivela Maturo - sa perfettamente, perché ogni tanto telefona per avere la situazione dei posti dell'ospedale, per cui il 118, a parte un codice rosso, trova destinazione altrove, quindi non fa fila da noi. Sono le ambulanze private, i privati cittadini che vengono con le proprie auto, in taxi, che fanno la fila, perché loro non lo sanno, ma vogliono venire al Cotugno, quindi se non c'è posto devono aspettare". Maturo, poi, racconta di un’ulteriore attesa che i malati devono fare all’interno per ottenere una collocazione in reparto: “Quando entrano nel pronto soccorso, in Obi, aspettano per trovare un posto letto ordinario".

Chi negli ultimi giorni è rimasto a lungo in coda è stato comunque assistito. "Una volta entrati nel pronto soccorso - poi chiarisce -, li abbiamo triagiati e, anche se sono rimasti in pronto soccorso per qualche ora, alla fine poi un posto letto nei reparti lo hanno trovato". "Chiaramente i casi critici hanno la priorità", specifica Maturo. E spiega: "Un infermiere fa il giro lungo la fila, prende i dati, misura la temperatura, controlla se desaturano. Se hanno bisogno di ossigeno diamo l'ossigeno in auto, per cui una forma di assistenza la diamo".

Mancano i posti letto

A rallentare l'accesso al pronto soccorso è la mancanza di posti letto. "Una volta assorbiti tutti i posti, sia di triage, che di Obi, che i posti letto di degenza ordinaria dell'ospedale, chiaramente se non c'è più recettività si crea la fila, in attesa che avvenga qualche dimissione o qualche spostamento. È il sistema: più di tanto non possiamo incamerare". C’è un problema con i posti letto. Lo conferma il responsabile del pronto soccorso del Cotugno: “Il problema sono i posti letto. Una volta che abbiamo esaurito i posti letto e l'ospedale è pieno non possiamo fare niente altro". "Forse sarà un problema organizzativo, ma noi - dichiara Maturo - quando facciamo una richiesta di posto letto alla centrale operativa regionale, ci dicono sempre che non c'è posto da nessuna parte, quindi evidentemente questi posti letto vengono riempiti in maniera molto rapida".

E la carenza non riguarda solo la degenza. Quella dei posti letto negli ospedali della Camapania è una questione su cui si dibatte da qualche giorno. I dati regionali sembrano cozzare con la realtà. Secondo quanto svelato da personale sanitario, ci sono difficoltà a trasferire pazienti positivi al Sars-Cov2 nelle terapie intensive Covid. Le informazioni che trapelano dall’interno ci forniscono un quadro della realtà ben differente da quello che rappresentano i dati ogni giorno riportati dal bollettino dell’Unità di crisi regionale, per il quale, almeno fino all’ultimo aggiornamento di ieri, i posti disponibili in terapia intensiva sono 590. E sono 590 da tre giorni. Lo erano anche mentre un paziente positivo attendeva in un ospedale campano il trasferimento in una terapia intensiva Covid. L’attesa è terminata dopo 4 giorni, solo perché è deceduto. A rivelarcelo è un medico. Per proteggerlo non ne sveliamo l’identità. Oltre ai codici disciplinari e di condotta, c'è il veto della Regione di parlare con i giornalisti. "Anche oggi - è l'ultimo aggiornamento - un positivo intubato da trasferire e zero posti liberi".

Personale sanitario insufficiente

Al Cotugno è stata allestita una tensostruttura da cui si potranno ricavare tra i 10 e 12 posti letto di degenza ordinaria. Una manciata di posti. E se si considera anche l'insufficienza di personale, non sembra una soluzione che risolverà i problemi se i contagi continueranno a diffondersi ai livelli odierni. "Secondo lei chi ci andrà a lavorare in quella tenda? - osserva Maturo - Il nostro personale". Personale già scarso e in sofferenza per i turni massacranti di lavoro che sta sostenendo da un paio di mesi.

"Il personale è carente, sia medico che infermieristico. Oramai - racconta il responsabile del pronto soccorso - sono un paio di mesi che stiamo facendo turni che non saranno sostenibili ancora per molto tempo. Noi nella prima ondata il grosso lo abbiamo avuto e smaltito nel giro di 45-50 giorni. Oramai sono due mesi, quindi abbiamo abbondantemente superato quei 50 giorni, e la cosa non finirà a breve, per cui c'è qualcuno che forse comincia a essere stanco, altri che si sono ammalati e non sono momentaneamente in servizio. C'è carenza".

Per Maturo questa seconda ondata non finirà a breve, e il suo tono è critico rispetto alla scelta di inserire la regione Campania in fascia gialla (a rischio moderato di contagio): "Avevo chiesto già a suo tempo una chiusura totale, ma una chiusura breve. Io avevo calcolato un 3 settimane, più che altro per spezzare la catena dei contagi al rialzo, quindi per fermare in qualche modo il contagio esponenziale che c'è stato in quest'ultimo periodo, questo avrebbe permesso a noi degli ospedali di respirare un poco, alla gente di contagiarsi meno e ci avrebbe permesso di fare un Natale forse un pochettino più sereno. Adesso siamo addirittura in zona gialla, per cui bisogna vedere come andrà a finire ancora".

Poi, parlando delle immagini della folla che nell'ultimo weekend ha affollato lungomare e centri cittadini, conclude: "Non dipende da noi, dipende dalle persone, dalle intenzioni che hanno".

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