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C'era una volta l'arancino: perché in Sicilia sono aumentati i prezzi

Il caposaldo dello street food siciliano è arrivato a costare più di €6 al pezzo in alcune parti dell'Isola. Aumenti generalizzati in tutte le province: gli effetti sul turismo

C'era una volta l'arancino: perché in Sicilia sono aumentati i prezzi

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C’è qualcosa di più importante da fare: addentare un arancino”, scriveva Andrea Camilleri nella raccolta Gli arancini di Montalbano. Lo street food simbolo della Sicilia rimane l’attrazione culinaria per eccellenza di una delle terre gastronomicamente più ricche del Mediterraneo. Eppure, anche loro sono diventati un piatto quasi di lusso. Addio ai tempi in cui le prelibate palle (o coni, al maschile, a seconda della località dove vengono preparati) di riso mutuate dalla tradizione araba costavano meno di €2,00 ciascuna.

Se nelle altre città italiane è stato ormai accettato un sovrapprezzo legato anche al costo della vita storicamente superiore, adesso anche in Sicilia gli arancini hanno raggiunto prezzi mai visti prima nel territorio della Trinacria. Tanto da far intervenire il Codacons Catania, che in una nota si fa portavoce della denuncia partita da alcuni passeggeri dell’aeroporto Fontanarossa “che hanno segnalato che un arancino viene venduto a 6,20 euro come da immagine riportata su tutti i social”. Alla faccia dei turisti che preferiscono villeggiare o andare in vacanza al Sud per evitare il salasso di altre mete, perlopiù estere, dove le trappole tese da alberghi e ristoratori sono sempre dietro l’angolo. Ma l’aumento è certificato anche dalle statistiche.

Secondo l’istituto Demoskopika, sull’Isola si è registrato un incremento generico dell’8% dei prezzi medi. Salgono le tariffe degli hotel, sì, ma il cambiamento più importante si riscontra a tavola. Oggi il prezzo di un arancino in Sicilia è in costante crescita in tutte le province. A Palermo si è sfondato abbondantemente il muro dei €3, così come a Messina e soprattutto a Catania dove capita di trovare pezzi di rosticceria sopra i €4. Si tratta dunque di un rincaro generalizzato, rintracciabile anche in altri alimenti come il caffè venduto al banco al di sopra della soglia psicologica di €1.

C’entrano la guerra in Ucraina, l’inflazione, ma non solo. Il governo è intervenuto ad esempio con una misura ad hoc per fermare il caro voli, dovuto agli algoritmi usati dalle compagnie aeree che hanno fatto schizzare alle stelle gli importi dei biglietti. Tornando agli arancini, la voce dei ristoratori sembra unanime: “Il prezzo al pubblico è diverso rispetto al passato perché riflette gli ultimi aumenti della materia prima”, ci rivela il titolare di un noto locale della provincia di Messina che ha portato l'arancino prima dai canonici €2,50 a €2,80 e infine agli attuali €3,00. “Se a noi costa di più farlo, non vedo perché debba essere un problema pagarlo a un prezzo maggiore. Al turista che viene una tantum non fa alcuna differenza, la domanda rimarrà uguale a prima. Il consumatore medio ha sempre qualcosa da ridire, ma se tutti all’unisono prendono provvedimenti di fronte a questa situazione non è che perdiamo clienti a favore di chi offre prezzi più bassi”.

Insomma, se l’epoca dell’arancino a €1,50 era già stata archiviata, adesso anche quella del cibo di strada a costi irrisori in Sicilia rischia di diventare un ricordo offuscato.

Livellando lentamente anche quel divario nel tenore di vita tra nord e sud che nel Paese, è importante ricordarlo, è tutto tranne che scomparso.

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