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Diritti, patriarcato e liturgia: perché la Murgia sbaglia sul matrimonio

La scrittrice sceglie il rito civile (con passaggio sui social) per convolare a notte con Lorenzo Terenzi. Eppure la Murgia manca il punto su quale sia il valore del matrimonio e cosa sia davvero un "Sì, lo voglio"

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Michela Murgia alla fine si è sposata. Rito civile, ovviamente. E in articulo mortis perché le condizioni di salute della giornalista sarda si stanno aggravando. Entra ed esce dall’ospedale e ogni giorno rischia di essere l’ultimo. Quando la fine si avvicina, si desidera fare chiarezza. Si desidera mettere ordine nella propria vita. E gli affetti sono uno dei campi più delicati.

Così ha deciso di sposare Lorenzo Terenzi e di annunciare il matrimonio su Instagram: “Lo abbiamo fatto controvoglia: se avessimo avuto un altro modo per garantirci i diritti a vicenda non saremmo mai ricorsi a uno strumento così patriarcale e limitato, che ci costringe a ridurre alla rappresentazione della coppia un’esperienza molto più ricca e forte, dove il numero 2 è il contrario di quello che siamo”, ha scritto la Murgia. Come ci si possa sposare controvoglia non è dato sapere visto che, alla base di questa decisione, c’è un verbo: “Lo voglio”. Che suona un po’ come quando i cadetti, e la Murgia ci scuserà per il paragone militarista, urlano: “Lo giuro!”. Lo voglio, lo giuro. Che significa stare al proprio posto anche quando vorresti andare via. Anche quando ti chiedi “ma chi me lo ha fatto fare?”. Anche quando ti sembra di aver sbagliato.

Perché alla base del matrimonio non c’è (solo) un sentimento, ma un’azione: il volere. Come poi possano essere patriarcali le nozze non è dato sapere. L’uomo e la donna si prendono allo stesso modo. Hanno stessi diritti e doveri. Il matrimonio è dunque la cosa più democratica e antisessista (cosa ci tocca dire) di questo mondo. Scrive Alberto Frigerio in Morale coniugale (Cantagalli): “Intendere l’amore in termini meramente pulsionali o sentimentali è infatti decisamente riduttivo, tanto nei confronti dell’amante quanto nei confronti dell’amato. Per quanto concerne l’amante, va rilevato che il corredo pulsionale e la sfera emozionale non vanno isolati dall’essere personale a cui appartengono, e dunque non sono interpretabile in termini meramente biologici e psichici, ma vanno integrati con la dimensione razionale e volitiva. Per quanto concerne l’amato, va rilevato che non può essere usato come mezzo al pari delle cose, ma va riconosciuto nella sua unicità come bene fondamentale e dunque trattato sempre anche come fine, secondo quanto espresso dalla norma personalista, d’ispirazione kantiana. L’inadeguatezza di una concezione pulsionale o sentimentale dell’amore umano, è bene precisarlo, non conduce a squalificare la pulsione e il sentimento, ma chiede piuttosto di porli e leggerli in una visione integrata della persona”.

La Murgia ha detto: “Sposo un uomo, ma poteva essere anche una donna”. Eppure ha scelto Lorenzo al posto di Lorenza. E un motivo ci dovrà pur essere. Non solo per una questione estetica o fisica, ma anche di qualità (e difetti) che una donna vede nel maschile. Perché non c’è teoria del gender che tenga: alla fine cerchiamo sempre ciò che ci manca e ci completa. Ne abbiamo bisogno più dell’aria.

E ancora: “Il rito che avremmo voluto ancora non c’è”. Ed è per questo che la Murgia ne sta pensando uno che verrà poi visto, su Instagram ovviamente, da tutti i suoi fan. È la spettacolarizzazione di tutto. Della malattia e della gioia. Ma così si perde l’intimità, il condividere con coloro che realmente conosci e a cui vuoi bene la felicità e la sofferenza che ti vengono incontro. La Murgia teologa, che ha provato (senza riuscirci) a spiegarci che Dio è queer, ora si scopre anche liturgista. Vedremo come sarà. Tra tante incertezze, un’unica sicurezza: non ci sarà alcuno slancio verso l’alto. Nessun tentativo di cercare un Altro.

E, così, di dare un senso alla nostra vita.

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