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"Non lo faremo venerdì". Moschea di Roma, la strana scelta sulla preghiera per la pace

Il presidente della Grande Moschea di Roma chiede la pace ma spiega che l'invocazione non verrà fatta nella preghiera comune del venerdì. "Condotta sempre adottata..."

"Non lo faremo venerdì". Moschea di Roma, la strana scelta sulla preghiera per la pace

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Si fa presto a dire pace. Poi però bisogna volerla per davvero. Lasciano un po' perplessi, in tal senso, le parole pronunciate da Naim Nasrallah presidente della Grande Moschea di Roma, la più grande d'Europa. L'esponente della comunità islamica romana ha infatti condiviso l'appello alla pace che in queste ore anche altre confessioni religiose stanno sostenendo, poi però ha spiegato che quella richiesta non verrà presentata nella preghiera del venerdì in moschea. E questo per motivi che destano un certo disorientamento.

"Lanciamo un grande appello alla pace come Centro culturale islamico d'Italia, ma non lo faremo nella preghiera del venerdì nella Grande Moschea di Roma perché rispettiamo una condotta sempre adottata: la preghiera, come capita nei momenti difficili e di dolore come questo, va vissuta intimamente ed esula dal lato politico e strumentale", ha affermato Naim Nasrallah, secondo quanto riporta l'Ansa. Ascoltata dall'esterno, tuttavia, la presa di posizione appare opinabile: perché mai, infatti, un'invocazione nobile e quantomai necessaria come quella alla pace dovrebbe essere considerata in chiave politica o strumentale? Semmai, accadrebbe l'esatto opposto e la comunità islamica verrebbe anzi apprezzata per quella preghiera pubblica affinché le violenze cessino al più presto.

Nasrallah spiega che una simile condotta sarebbe stata rispettata anche in passato, ma ciò non cambia l'opinione sulla contradditorietà di tale scelta. Infatti che senso ha chiedere la pace come centro culturale (quindi come ente comunitario), se poi quell'invocazione non viene espressa nel momento più prezioso per una comunità religiosa, ovvero quello della preghiera insieme? Il gesto sarebbe peraltro una risposta importante a chi invece nel mondo islamico si ostina a giustificare le violenze provenienti dal fronte palestinese. "Quella palestinese è la resistenza contro un'occupazione militare che va avanti da molti anni nell'indifferenza generale dell'Occidente", aveva ad esempio affermato l'imam di Pisa, Mohammad Khalil, suscitando immediate polemiche.

"Imam che difendono il terrore islamico? In questi momenti drammatici e pericolosi anche per la sicurezza interna del nostro Paese è necessaria la massima vigilanza: controlli nelle moschee e nei centri di aggregazione a rischio, con provvedimenti tempestivi ove necessario", aveva commentato su Facebook il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, proprio in merito alle parole di quell'imam di Pisa e alle conseguenze del conflitto in Medio Oriente.

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