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La segnalazione da "dentro" e l'aeroporto sbagliato: chi sono i 4 anarchici del blitz a Malpensa

Appartenenti all'area antagonista di Torino, i quattro soggetti responsabili del blitz di Malpensa si trovano ora in carcere con l'accusa, tra le altre, di attentato alla sicurezza dei trasporti

La segnalazione da "dentro" e l'aeroporto sbagliato: chi sono i 4 anarchici del blitz a Malpensa

Un'azione quasi degna di un commando: è questo quello che un gruppo di anarchici "no Cpr" ha condotto all'aeroporto di Malpensa nel pomeriggio di mercoledì 20 marzo. L'obiettivo dichiarato era quello di bloccare (ancora) il rimpatrio di Jamal Kilal, marocchino già condannato per diversi reati, tra i quali lo stupro di gruppo. "Oggi nel primo pomeriggio siamo venuti a conoscenza del fatto che stessero per deportare in Marocco il nostro compagno Jamal. Un gruppo di solidali si è mosso subito verso il terminal 1 dell'aeroporto di Malpensa", hanno scritto gli anarchici sui loro canali, chiamando a raccolta quante più persone possibili.

Chi sono gli autori del blitz

Ma Jamal, all'aeroporto di Malpensa, non è mai arrivato. Le autorità, prevedendo le mosse degli anarchici, hanno fatto credere che il marocchino venisse portato nello scalo milanese per il rimpatrio ma, in realtà, dal Cpr di Gradisca d'Isonzo è stato portato all'aeroporto di Bologna. E mentre i "no Cpr" occupavano la pista di Malpensa da cui stava per partire un aereo diretto a Casablanca, Kilal stava decollando dall'Aeroporto di Bologna con un altro volo. Caso ha voluto che sull'aereo di Malpensa ci fosse un altro marocchino in via di rimpatrio, ma volontario e quindi senza scorta, che a causa di questa azione non ha concluso l'operazione concordata.

Ma chi sono gli autori di questo blitz così sgangherato? Si tratta di Giuseppe Cannizzo, detto "Peppe", Josto Jaris Marino, Elena Micarelli e Miriam Samite, anarchici dell'area torinese già autori del blitz di poche settimane fa davanti alla Questura di Torino, condotto con l'obiettivo di liberare Jamal Kilal. Sono soggetti che gravitano nell'universo dell'antagonismo torinese, legati in qualche modo al cento sociale "Lavatoio". A sostenerli c'è "Radio Black out", emittente "di lotta" della città sabauda, già sostenitrice della guerriglia civile del marzo 2023, quando Torino venne messa a ferro e fuoco. I quattro, che già erano stati identificati durante l'azione di Torino, si trovano ora rinchiusi nei carceri di Busto Arsizio e di San Vittore e oggi ci saranno le udienze di convalida del fermo, fissate per le 9.30 nel carcere di Varese e alle 10.30 in quello di Milano. Le accuse sono di resistenza a pubblico ufficiale, interruzione di pubblico servizio e attentato alla sicurezza dei trasporti.

Il punto di vista delle forze dell'ordine

"Riteniamo che il danno sociale di queste persone che nominiamo 'inutili sociali' sia molto più grande della singola azione, perché dobbiamo ricordare le centinaia di cittadini onesti e di commercianti costretti a chiudere durante le loro manifestazioni", scrive in una nota Luca Pantanella, segretario generale per Torino del sindacato Fsp della Polizia di Stato. I danni causati da questi soggetti sono noti, il tutto "in nome di una libertà senza regole, che è in molti casi utilizzata per proteggere cittadini che nulla hanno a che fare con la città, intesa come cittadinanza ed appartenenza ad una comunità, ma che invece sono qui solo per sfruttare e depredare quello che offre, invece, oggi la nostra comunità". Per questo, conclude Pantanella, "occorre cambiare e essere più inflessibili contro chi professa questo finto perbenismo".

È simile l'analisi che fa Pasquale Alessandro Griesi, coordinatore nazionale dei Reparti Mobili del sindacato Fsp della Polizia di Stato, che sottolinea come questi soggetti usino soprattutto i social per coordinarsi. "Cercano di fare degli agguati", spiega, "di coinvolgere sempre più giovani, che sono quelli più manovrabili, che se alle prime armi non percepiscono neanche il pericolo a cui si sottopongono". Vengono convinti che "la guerra allo Stato sia l'obiettivo da perseguire". Il blitz di Malpensa condotto per "liberare" Kilal è stato platealmente sbagliato, "il grande lavoro dei miei colleghi", sottolinea Griesi, "ha fatto in modo, evidentemente avendo avuto già delle avvisaglie, che il 'compagno' da espellere fosse portato in altro aeroporto e rimpatriato nel miglior modo possibile". Gli stessi, in una rivendicazione, hanno affermato di aver avuto l'informazione del rimpatrio da "dentro", quindi probabilmente lo stesso Jamal ha dato loro la comunicazione, fornendo però indicazioni sbagliate sull'aeroporto di partenza.

Le "schegge impazzite"

"Se pur in modo 'barbaro', questi soggetti, come schegge impazzite, sono riusciti ad accedere alle piste, hanno 'liberato' l'unico irregolare che in autonomia voleva ritornare nella propria Patria, creandogli altresì un danno rilevante", prosegue il sindacalista, che mette l'accento sulla spregiudicatezza di questi soggetti. "Questi delinquenti si sentono autorizzati da questo clima di protezione che si sono creati nel gran caos della delegittimazione delle forze dell'ordine", afferma Griesi, evidenziando come "sembra ormai chiaro che l'unica soluzione è una forte presa di posizione dei vari apparati statali, che devono dare un segnale attuando la certezza della pena. Altrimenti continueremo ad assistere sempre di più a questi atti criminosi".

L'avvertimento del sindacalista è basato sui fatti recenti ma Griesi sottolinea anche un elemento di non secondaria importanza: "In Italia, grazie alla grande professionalità delle forze dell'ordine, non vi è stato mai nessun attentato terroristico, segno che l'apparato sicurezza, nonostante i continui attacchi che riceve rimane in ottima forma e al servizio dei cittadini".

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