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Un nero e un highlander sulle orme di Federer

Gli outsider: Monfils, francese di Guadalupa, e Murray, scampato a un massacro a scuola

Marco Lombardo

Uno nero e ha 19 anni, l’altro è bianco e ne ha uno di meno. Uno è feroce e determinato, l’altro colpisce più gentile ma non lascia scampo. Uno è francese e si ispira a Noah, l’altro è britannico ed è l’erede di Henman. Uno è Gael Monfils, l’altro è Andrew Murray, i due uomini copertina della stagione del tennis che si apre stanotte (da noi sarà l’una) a Melbourne con il primo Grande Slam della stagione. Ecco insomma gli Australian Open, non ci sono Nadal e il campione uscente Safin - entrambi infortunati -, c’è il solito Federer che alla conferenza stampa della vigilia ha ammesso candidamente di non avere la minima idea di chi sia il suo primo avversario, l’uzbeko Denis Istomin: «Non so neanche se sia destro o mancino. Che dire: lo scoprirò in campo». Ci sono anche ben dodici italiani in tabellone e poi appunto ci sono loro, Monfils e Murray, sui quali è gia stata costruita la rivalità del futuro.
Il primo, Gael, è un francese col papà di Guadalupa e già da juniores ha raccolto tre quarti del Grande Slam, perdendo solo in finale negli Us Open. È un tipo timido fuori dal campo, micidiale dentro e un paio di settimane fa, a Doha, è arrivato fino a giocarsi il titolo con Federer, ovviamente perdendo. «Ma da quella partita ha imparato molto», racconta il suo tecnico Thierry Champion, perché lui, Monfils, non è uno che parla tanto. Viaggia infatti sempre con le cuffiette dell’iPod nelle orecchie e spesso, quando gioca a Parigi, con una telecamera al seguito, perché i francesi su di lui hanno fatto una scommessa: arriverà nei primi 5. Per il momento è venti posizioni più in basso, Champion giura che ha «un cuore grande così ed è per questo che la gente parteggia per lui quando lo vede giocare» e soprattutto dice che Gael non tradirà la fiducia dei francesi: «È un ragazzo che non dice mai bugie. Anche quando fa qualcosa che non dovrebbe, il giorno dopo me ne parla». Intanto il suo obbiettivo è di arrivare alla seconda settimana del torneo: «Lascerà tutti senza fiato».
L’altro, Andy Murray, è il classico ragazzo scozzese pieno di buona educazione stretta tra le (grandi) orecchie. La sua storia nasce da una tragedia, dieci anni fa, nella scuola di Dunblane quando Thomas Hamilton entrò pistola alla mano e uccise 16 studenti. Andrew c’era, qualcuno lo spinse dentro alla stanza del preside e gli evitò di finire dritto dentro il massacro. Ma lui sente ancora quei colpi («Avevo solo otto anni, ma ricordo ancora quel ragazzo: lo conoscevo») e soprattutto sa di avere una missione: «Quando vinco so che la gente di Dunblane ha un motivo per sorridere». In più ha le idee molto chiare: viene da una famiglia di sportivi, ha giocato a calcio nelle giovanili dei Glasgow Rangers, ha scelto il tennis perché «non voglio sembrare arrogante, ma il mio primo traguardo era raggiungere la classifica che aveva Federer alla mia età». Roger - l’extraterrestre - era numero 64, Andrew - l’ambizioso - ora è salito al 62. Così a Melbourne si appresta ad incontrare al primo turno l’argentino Chela, uno tosto. Ma la cosa non sembra sconvolgerlo: «Alla mia età perdere non è un dramma. L’importante è imparare la lezione per il futuro». Insomma, niente paura. Anche perché, sopra i campi da tennis di Stirling dove di solito si allena quando è a casa, c’è stampato un editto di William Wallace. Braveheart, insomma.

Gli italiani al 1° turno.

Uomini: Volandri-Healey (Aus); Sanguinetti-Adaktusson (Sve); Starace-Delic (Usa); Seppi-Tipsarevic (Scg); Bracciali-Lu (Tpe). Donne: Schiavone-Ant. Serra Zanetti; Pennetta-Black (Zim), Camerin-Meusburger (Aut); Santangelo-Golovin (Fra); Garbin-Safina (Rus), Vinci-Shaughnessy (Usa).

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