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Obama messo alle strette fa il rimpasto di governo e giura: «Sono americano»

New YorkObama passa al contrattacco ed è costretto a mostrare dopo quattro lunghi anni di polemiche infinite e di ricorsi di incostituzionalità in diversi tribunali federali il suo vero certificato di nascita nella versione lunga. Quella «with the apostille», come dicono gli americani. In calo di popolarità, specie tra l'ala liberal del partito democratico per la guerra in Libia e le tante promesse mancate in campo sociale, ha annunciato anche il primo vero rimpasto della sua amministrazione: il clintoniano Leon Panetta, direttore della Cia, quest'estate diventerà il nuovo segretario alla Difesa al posto del dimissionario Robert Gates. Il nuovo capo della Cia sarà il super generale a 4 stelle David Petraeus, newyorchese e cadetto di West Point, comandante delle operazioni in Afghanistan, il quale gode di ottima stampa e di una fama di militare illuminato in quanto in appena un anno è riuscito a ribaltare la situazione militare contro i telebani.
Ma il vero problema politico di Obama, che testimonia la sua attuale debolezza tra i vari sondaggi interni (alcuni lo danno appena al 38% di gradimento), è quello di aver dovuto rispondere al miliardario Donald Trump, in testa incredibilmente ai sondaggi nelle primarie repubblicane dell'Iowa, che da più di un mese lo attacca in modo veemente di essere un «usurpatore»: di essere nato in Kenia e non alle Hawaii. E quindi di non avere nessuna legittimità a essere presidente degli Stati Uniti, visto che il secondo articolo della Costituzione americana prevede esplicitamente la nascita nel territorio americano come requisito essenziale per essere eletto. Il candidato sui generis Trump è il front runner dei repubblicani nell'Iowa (uno Stato piccolo e agricolo di meno un milione di abitanti, dove a dicembre si terranno le prime primarie) che ha cavalcato ad arte il cosiddetto movimento dei «birthers», l'ala più conservatrice del partito repubblicano. Formata da quella middle-class di arrabbiati che si richiama al Tea Party: vale a dire quei milioni e milioni di americani che da anni pensano che il presidente Obama sia nato in Kenya e non alle Hawaii, da mamma americana e papà keniota.
Finalmente il presidente Obama, ieri mattina, in un breve incontro con i giornalisti alla Casa Bianca, pressato da tutto il suo staff e da una campagna giornalistica spesso violenta alimentata dalla rete FoxNews di Murdoch, ha tagliato corto e si è liberato di un peso che lo ha fatto precipitare verticalmente nei vari sondaggi di gradimento. «Voglio parlare a tutto il popolo americano: non abbiamo tempo per queste stupidaggini. Ho tante cosa migliori da fare, ci sono problemi da affrontare e tante sfide da vincere come Paese». È quanto ha spiegato Obama con la sua solita calma, mostrando finalmente ai giornalisti presenti e ai milioni di americani che lo ascoltavano in diretta tv, il vero certificato di nascita: quello lungo e verde con l'«apostille», quello originale per intenderci. L'unico documento che negli Usa ha un reale valore legale. Era stato uno dei suoi avvocati, Larry Smith, a volare in tutta fretta due giorni fa alle Hawaii e farsi rilasciare dagli uffici comunali di Honolulu il «birth certificate» vero che può essere consultato e rilasciato solo con il consenso del diretto interessato. Neanche la moglie o i figli possono richiedere quello con l'«apostille».
E dopo pochi minuti il certificato era già visibile a tutti sul sito della Casa Bianca. In realtà, durante la campagna elettorale del 2008, Obama aveva già pubblicato sul suo sito l'estratto di quel certificato (quindi non il documento autentico), in cui era leggibile in modo chiaro che era nato il 4 agosto 1961 a Honolulu. Ma, soprattutto in questi ultimi mesi, i «birthers» e gli arrabbiati di estrema destra del Tea Party che hanno fatto vincere le elezioni di mid-term dello scorso novembre ai repubblicani, hanno sempre ripetuto che quell'estratto fosse falso. Una teoria sempre ripudiata dai vertici repubblicani ma portata avanti in modo ossessivo da leader come Sarah Palin.
Sul giro di poltrone, va segnalato che il dimissionario Gates è l'unico repubblicano nell'amministrazione Obama, nominato dal presidente Bush a guidare il Pentagono nel 2006. Con l'italoamericano Panetta, un clintoniano di ferro, nuovo segretario alla Difesa, vedremo sicuramente gli Stati Uniti più impegnati militarmente in Libia e in altri scenari caldi mediorientali. La nomina è stata sicuramente suggerita da Hillary Clinton, la quale ha spinto un recalcitrante Obama a impegnarsi nei raid aerei contro il regime di Gheddafi.

Con Petraeus alla guida della Cia sarà il generale John Allen, comandante in seconda del Centcom, ad avere il comando in Afganistan delle forze armate Usa.

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