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"Occhio ai truffatori e agli pseudo-esperti"

Nonnis: "Le criptocurrency vera svolta". Ferracci: "È una manna per l'illegalità"

"Occhio ai truffatori e agli pseudo-esperti"

Le criptovalute si muovono nel flusso finanziario come i monopattini nelle strade delle nostre città. Violano il codice della strada, vanno contromano, salgono sui marciapiedi e lì vengono lasciati. Secondo gli esperti di Chainalysis, la finanza «decentralizzata», che muove 100 miliardi di dollari, speculando su derivati e criptovalute. I margini di guadagno sono allettanti, ma quanti pericoli si nascondono? È possibile scommettere molti soldi e restare col cerino in mano, contribuendo con i propri risparmi a fare il gioco di chi ripulisce milioni di dollari? Assolutamente sì. «Io temo le truffe di chi vende sogni, ma in realtà non ha effettuato alcun investimento o acquistato software poderosi: solo truffe. Una manna dal cielo per i truffatori più che per i riciclatori a mio avviso», dice al Giornale Massimo Ferracci, Corporate financial adviser indipendente e membro del Comitato scientifico della Scuola italiana Antiriciclaggio & Compliance, molto sensibile come esperto ai fenomeni culturali e sociali che poi sono i presidi di ogni comportamento economico e finanziario. «Occorre davvero tanto battere il ferro sulla licenza autorizzativa almeno di regulators europei. Sarà il più grande fenomeno truffaldino di tutti i tempi se non educhiamo le persone e i giovani», sottolinea. Ovviamente la questione non è demonizzare lo strumento della blockchain, come spiega Walter Nonnis (Enea), premiato da Palazzo Chigi come Blockchain developer: «Il boom della cryptocurrency che segna un punto di svolta per un ripensamento dell'economia globale oggi è vilipesa da un piccolo esercito di pseudo esperti, o peggio, di veri truffatori». Ma le banche tradizionali cosa fanno per evitare che i propri clienti vengano allettati da queste dinamiche? «Corrono verso la digitalizzazione delle filiali, diminuendo sempre più il rapporto con il cliente», spiega Sergio Silvestri, Dean e direttore generale European School of Banking management ed esperto di customer satisfaction. Ma così anziché tenersi stretti i correntisti li allontanano. «E i risultati della ricerca condotta da Nomisma confermano i miei timori», aggiunge Silvestri. «Se la trasformazione viene gestita con poca attenzione, se si riducono le possibilità di testare o alimentare la customer satisfaction, non si spingono i clienti a rimanere fedeli legandoli al proprio brand ma si consegnano a chi già oggi offre servizi di pagamento e a breve anche servizi finanziari. Questo significa che le banche devono rivedere le loro strategie.

L'obiettivo oggi non è trovare nuovi clienti, ma non perdere quelli acquisiti, soddisfacendo quotidianamente i loro bisogni e superando le loro aspettative». Un obiettivo difficile, verrebbe da pensare. «Guardate Amazon. Ha un marchio con il sorriso perché ha fatto di questo la sua strategia vincente. Le banche se vogliono vincere la sfida devono... sorridere di più».

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