Politica estera

Un attacco al "mito Trump": perché il processo di New York è il più pericoloso per The Donald

Colpire Trump-il magnate è il risultato del processo che vuole Trump accusato di frode assieme ai suoi figli. Un obiettivo giudiziario ma anche una strategia politica, che cercherà di minare alle basi la narrazione di The Donald

Un attacco al "mito Trump": perché il processo di New York è il più pericoloso per The Donald

"Anche i ricchi piangono", titolava una telenovela messicana negli anni Settanta. E quale titolo si adatterebbe meglio a Donald Trump in queste ore? Una cauzione da capogiro rischia di intaccare gravemente il patrimonio immobiliare del magnate, ora suscettibile di pignoramento come i comuni mortali. Sei giorni, poco meno di una settimana di tempo per bloccare l'esecuzione della sentenza che lo obbliga al pagamento dell’intera cauzione di 464 milioni di dollari o a rastrellare i fondi necessari: è questa l'ultima possibilità per evitare di farsi travolgere dalle conseguenze della condanna per frode in quel di New York.

La costruzione di Trump - il mito

Vista da fuori, la vicenda che si sta svolgendo a New York potrebbe essere inquadrata nella consueta saga giudiziaria che vede Trump protagonista. Tuttavia, a un occhio più attento, l'intero processo possiede una valenza primaria sia per i detrattori di Trump, dentro e fuori le aule di tribunale, che per lo stesso Trump e i suoi accoliti. A New York va in scena una vicenda che intacca in toto la mitopoiesi di Trump come grande magnate americano, amato e odiato dal pubblico, e che nell'Età dorata sarebbe stato additato come robber baron. La credibilità di Trump come uomo d'affari è la ragione stessa che ha portato quest'uomo, fin dal 2016, a irrompere prepotentemente sulla scena politica americana pretendendo di avocare a sè la direzione del Paese perduto. The Donald, infatti, non si è presentato agli Americani con un cursus honorum da politico, studioso, o con qualsiasi altro merito pubblico da valere la candidatura: è sceso in campo con la propria identità, quella di Donald Trump-l'imprenditore. Quello delle Trump tower, quello sposato con Ivana, il boss di "The Apprentice" e la guest star di "Mamma ho riperso l'aereo". Esagerato, senza freni, sbruffone, potente.

L'accusa di frode non è come le altre

I processi a carico di Trump, a vario titolo, hanno avuto come effetto collaterale quello tentare di intaccare diversi aspetti dell'ex presidente: la condotta nei confronti delle donne e dunque l'immagine di pater familias della nazione; quella di garante della liturgia democratica a proposito delle interferenze elettorali; e ancora, quella di incumbent ossequioso verso i luoghi sacri della democrazia americana, infangati dai fatti di Capitol Hill. Nessuna di queste iniziative giudiziarie, così come nessuna delle condotte di Trump, ne ha però scalfito la popolarità. Non sono bastate le accuse di stupro, quella di voler rovesciare gli esiti delle elezioni del 2020, tanto-meno quella di aver cospirato contro il governo degli Stati Uniti d'America per essere abbandonato dagli elettori.

Trump è ancora lì tra numerosi delusi ma un'enormità di supporter. Eppure, fra le beghe giudiziarie che il tycoon deve affrontare, quella di aver gonfiato gli assett del suo impero è la più oltraggiosa nonchè quella più virulenta: rischia di distruggere, infatti, le fondamenta sulle quali si fonda il potere e l'immagine di Trump, ovvero il denaro. Dimostrare che Trump abbia frodato lo Stato è paradossalmente l'accusa più grave da affrontare, quella di fronte alla quale l'America bacchettona-lo stesso Paese che acciuffò Al Capone "solo" per evasione fiscale- non è disposta a transigere. Un'epopea suscettibile anche della location in cui si sta svolgendo: il cuore della capitale finanziaria della nazione, ove i reati legati a finanza e fiscalità vengono meno tollerati che in altri angoli del Paese.

Colpire al cuore dell'impero immobiliare di Trump

Ora, di fronte alla necessità di coprire per intero la cauzione di cui sopra, qualora scadessero i sei giorni previsti senza alcun esito, il patrimonio immobiliare di Trump verrebbe pignorato per poi essere rimesso nel mercato. Una scena da Monte di Pietà da film neorealista che renderebbe grottesca la cavalcata verso Pennsylvania Avenue. Anche i luoghi papabili all'interno di questo provvedimento non sarebbero casuali, ma potrebbero essere individuati in modo da poter sortire il maggior effetto possibile.

Fra questi, certamente la Trump Tower in quel di Mahattan, sede della Trump Organization. Edificio a uso promiscuo alto più di 200 metri, la Torre è il simbolo del potere finanziario del magnate fin dagli anni Ottanta, in uno dei distretti finanziari più importanti del mondo. Accanto alla prima torre vi è poi il Trump Building al n.40 di Wall Street: storico edificio, acquistato e rimesso a nuovo per un milione di dollari nel 1995. Altro immobile destinato a un esito infausto potrebbe essere proprio il buen retiro di lusso di Mar-a-Lago in Florida a finire pignorato: Trump si aggiudicò l'enorme complesso, un tempo residenza invernale per i presidenti degli Stati Uniti, per quasi 20 milioni di dollari nel 1985. Da allora, è divenuta il suo secondo quartier generale, nonchè "luogo del cuore". Lo stesso già "profanato" dall'irruzione dell'FBI nell'agosto del 2022, scoperchiando il vaso di Pandora dei famigerati documenti top secret trattenuti illegalmente.

A seguire, potrebbe esserci il campo da gold di Sterling, in Viriginia, parco giochi per nababbi di cui Trump ha tappezzato il Paese: se ne contano, infatti, bene sette in tutti gli Stati Uniti.

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