Politica estera

Un anno dopo le rivolte, il Kazakistan è un Paese nuovo

Il Kazakistan, a poco più di un anno dall'insurrezione di gennaio 2022, è un Paese che si è incamminato sulla via della rinascita politica e ha premuto l'acceleratore sul programma di democratizzazione delle istituzioni e della società.

Un anno dopo le rivolte, il Kazakistan è un Paese nuovo

In Kazakistan, Stato-guida e pilastro economico dell'Asia centrale, quest'anno è ricorso il primo anniversario delle storiche rivolte di gennaio 2022, sulle quali continua a gravare l'ombra della congiura ordita da forze straniere in combutta con quinte colonne interne.

Nove giorni di scontri, grosso modo localizzati ad Almaty, ed un bollettino di oltre 200 morti. Soltanto la proclamazione dello stato di emergenza nazionale e l'intervento dell'Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva, circoscritto alla salvaguardia di snodi di comunicazione strategici e siti-chiave dall'assalto dei riottosi, riportarono l'ordine e la stabilità nel tradizionalmente quieto Kazakistan.

Oggi, a poco più di un anno di distanza da quei moti in odore di putsch, il Kazakistan è un Paese che cerca di guardare avanti, pur non dimenticando il passato recente, e che ha scelto di confidare nella grand vision di Kassym-Jomart Tokayev per una società pluralistica, un'economia aperta e delle istituzioni democratiche.

Il cantiere aperto del "Nuovo Kazakistan"

Il 16 marzo 2022, dopo aver preannunciato l'intenzione di dare vita ad un ampio programma di riforme multisettoriali, avendo preso dell'estensione del malcontento presso alcuni segmenti socioeconomici, la presidenza Tokayev svelava a politica e opinione pubblica il "piano per un nuovo Kazakistan". Un patto sociale, basato su espansione del welfare, redistribuzione della ricchezza e democratizzazione dello scheletro politico, che nel corso dell'anno ha portato l'elettorato kazako alle urne per ben due volte: il referendum costituzionale del 5 giugno e le presidenziali del 20 novembre.

Nella grand vision di Tokayev si trova di tutto: democratizzazione della società, della politica e della giustizia, deoligarchizzazione dell'economia, digitalizzazione – settore sul quale il Kazakistan scommette da tempi non sospetti –, multivettorialità della politica estera, transizione verde. È un piano di crescita e rinascita pensato per lenire divari intranazionali, tra regioni e tra categorie, che ha prodotto molti pacchetti di riforme in poco tempo e che, esiti elettorali alla mano, è stato premiato dalla cittadinanza. È un piano che vuole trasformare il Kazakistan, secondo il viceministro degli esteri kazako, Roman Vassilenko, in una "terra di cambiamento".

Vassilenko, intervistato da EURACTIV, ha parlato dell'agenda Tokayev per il futuro e delle evidenze di una congiura di palazzo emerse durante il processo ai sediziosi. Descrivendo la sedizione del gennaio 2022 come "un tentativo di golpe ben pianificato", il diplomatico ha ricordato che alla sbarra, oggi, accusati di tradimento e abuso di potere (e altri reati), si trovano personaggi di spicco dell'era Nazarbaev, come Karim Massimov e Anuar Sadykulov.

Intanto il Parlamento ha abrogato una pre-esistente legge ad personam riguardante l'immunità dalle prosecuzioni penali alla famiglia Nazarbaev. Una decisione che ha galvanizzato il processo di denazarbaevizzazione del paese, come eloquentemente dimostrato dal ribattesimo della capitale, nuovamente tornata a chiamarsi Astana.

Affinché il paese superasse il trauma di gennaio 2022, proseguendo sulla strada del riformismo inaugurata da Tokayev all'indomani del suo insediamento alla presidenza nel 2019, "il presidente ha lavorato duramente per affrontare le rimostranze della gente e per costruire un nuovo sistema politico che fosse più rappresentativo dei desideri" della cittadinanza. Tra le prove di ciò, ha continuato Vassilenko, il fatto che i partiti in regola per la partecipazione alle prossime parlamentari siano saliti da cinque a sette – grazie alla riforma della presidenza sulla soglia di adesione.

Nel futuro del "nuovo Kazakistan", tanta Europa

La grand vision di Tokayev è di respiro internazionale. Perché uno degli obiettivi è di ampliare e cristallizare la tradizionale propensione alla multivettorialità del Kazakistan. Fondamentale, a questo proposito, la relazione strategica con l'Unione Europea, che quest'anno compie trent'anni e non è mai stata tanto florida.

L'aggravamento della competizione tra grandi potenze ha aumentato l'importanza dell'UE, parola di Vassilenko, che ad oggi figura tra i principali investitori stranieri nel settore dell'energia verde kazako e con la quale si vorrebbe raggiungere un'intesa persino più produttiva e stretta. Il "pivot to Europe" di Astana è dettato da ragioni di affidabilità, da interessi economici, ma anche dalla consapevolezza che, qualora il legame con la Russia dovesse peggiorare, le merci kazake potrebbero ritrovarsi in difficoltà nell'esportazione dei loro beni attraverso le rotte eurasiatiche tradizionali.

Nel progetto per un nuovo Kazakistan è prevista una collaborazione potenziata con l'UE, e dunque coi suoi paesi membri – un richiamo per l'Italia, che del paese è uno dei primi cinque partner commerciali da anni.

Ed è prevista l'apertura di tanti cantieri lungo il Corridoio di mezzo, una delle arterie che collegano i due estremi dell'Asia – Europa e Cina –, nei quali gli investitori europei potranno entrare e dai quali potranno trarre vantaggio. Dalla grand vision di Tokayev per il Kazakistan, in sintesi, dipendono tanto la stabilità della locomotiva dell'Asia centrale quanto la sicurezza energetica dell'Unione Europea.

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