American Graffiti

L'ombra della guerra del fentanyl: perché negli Usa si parla di attaccare il Messico

Il Paese centroamericano è disseminato di piccoli laboratori che producono l'oppioide sintetico. E i Repubblicani vanno in pressing per "attaccare" il vicino del sud

L'ombra della guerra del fentanyl: perché negli Usa si parla di attaccare il Messico

”È tempo che l'America dichiari guerra ai cartelli". Donald Trump non ha dubbi, gli Usa devono entrare con l'esercito in Messico. Ron DeSantis, governatore della Florida, ha detto che quando sarà eletto come presidente il primo giorno di incarico lancerà una campagna a base di droni e forze speciali oltre il confine per stanare i cartelli del narcotraffico. Tutto il campo repubblicano è in fermento, tutti si dicono pronti ad aprire un fronte con il vicino del sud per fermare l'epidemia di oppioidi che flagella intere comunità americane.

Il Gop si prepara alla stagione delle primarie e uno dei temi più caldi per molti elettori dell'America profonda è quello delle overdose da fentanyl che stanno distruggendo intere generazioni di giovani statunitensi. L'oppioide sintetico responsabile di gran parte delle morti nelle strade Usa arriva dal vicino Messico, dai laboratori creati dai cartelli messicani grazie anche alle materie prime che fluiscono nel Paese dalla Cina.

L'idea di molti candidati del Gop è quella di un approccio muscolare sul fronte dell'offerta. Per l'ex presidente, ad esempio, è necessario un pacchetto di provvedimenti molto forte, che comprende un embargo navale, l'inserimento dei cartelli messicani nell'elenco delle organizzazioni terroristiche, l'uso di attacchi cyber, ma anche l’impiego di forze speciali e operazioni sotto copertura. DeSantis, l'avversario di Trump, ha strutturato ancora di più il suo pensiero. Per il governatore è necessario rispolverare la dottrina Monroe, l'assunto elaborato nel 1823 secondo cui le potenze straniere devono rispettare la potenza americana in tutto il Nuovo Mondo, da Nord a Sud.

DeSantis ha parlato dello schieramento di una forza speciale che individui e elimini i trafficanti. L'ultra trumpiano Vivek Ramaswamy, che sta emergendo in queste primarie, ha parlato apertamente del dispiegamento di un dispositivo simile a quello impiegato dagli Usa per fronteggiare le minacce terroristiche in Medio Oriente. Lo stesso Trump ha detto che serve una campagna simile a quella che nel 2017 ha preso piede contro l'Isis, Ramaswamy ha citato invece le operazioni speciali che hanno portato alla morte di Osama Bin Laden nel 2012 e del generale iraniano Qasem Soleimani nel gennaio del 2020.

Il regno dei cartelli del fentanyl

La proposta repubblicana ha sollevato questioni e polemiche, ma per capirla bisogna avere una vaga idea di come funziona l'industria dei narcos che porta il fentanyl nelle strade americane. Il primo punto da cui partire riguarda le tempistiche. Nell'ultimo decennio il fentnayl è diventato la prima causa di morte tra gli americani, questa evoluzione è andata di pari passo con il cambiamento dell'offerta di droga dall'America centrale. Il Messico si è adattato abbastanza velocemente dalla produzione di stupefacenti di origine naturale a quelli sintetici e nel giro di qualche anno ha visto nascere una fiorente industria dell'illecito con minor manodopera, minori costi, e guadagni elevati.

Secondo uno studio della Rand Coporation il fentanyl prodotto per coprire l'intera domanda annuale negli Stati Uniti è pari a 5 tonnellate di prodotto, una quantità facilmente stipabile in pochi convogli. Per fare un paragone basti pensare che la domanda di eroina corrisponde a 125 tonnellate. Questo vuol dire che la produzione non richiede strutture di stoccaggio, si basa su una logistica snella e poche persone coinvolte.

La filiera coinvolge in prima istanza i porti da cui entrano le materie prime. In arrivo soprattutto dalla Cina, queste confluiscono poi nelle regioni settentrionali del Paese dove vengono processate e pressate in pillole. A differenza della produzione di droghe naturali che richiedono capi di papaveri o canapa, il fentanyl viene prodotto in laboratori molto piccoli, che si possono allestire velocemente in case, garage e scantinati, facili da nascondere anche in molte aree urbane. Secondo le stime degli esperti i "cuochi" di fentanyl nel Paese sono un centinaio. Secondo Peter Reuter, docente di politiche pubbliche alla University of Maryland sentito dal Financial Times, molti di questi "cuochi" sono chimici esperti.

La droga verso nord

Una volta sintetizzate le pastiglie viaggiano verso Nord, oltre il confine. I passaggi vengono gestiti da "muli", quasi tutti con cittadinanza statunitense, molte le donne. Entrano spesso in modo legale nel Paese, molti meno sono gli ingressi dai valichi di frontiera più trafficati o dal deserto.

Questo sistema si regge poi su una rete di relazioni informali. Negli ultimi anni i narcos controllano vaste porzioni del territorio messicano, sono radicati nelle comunità e non si occupano solo di produzione di pasticche. Le loro organizzazioni hanno diversificato le attività, si occupano di estorsioni, gestione delle risorse naturali, traffico di esseri umani. Ma non solo. Hanno anche legami con la politica messicana e le forze di sicurezza regolari del Paese. Si tratta di gruppi capaci di spostare voti e data la grande quantità di denaro riescono a finanziare campagne elettorali.

Limiti dell'intervento armato

Tutti questi fattori rendono qualsiasi intervento molto complicato. Sul piano pratico i laboratori sono difficili da individuare. A differenza dei centri di produzione delle metanfetamine non emettono né tracce di calore, né fumi maleodoranti. Il legame intrecciato con le comunità rende molto difficile districare le attività dei narcos da quelle dei cittadini e dei politici.

Lo strapotere dei cartelli, ottenuto anche grazie alla vasta domanda di fentanyl, ha avuto conseguenze sul piano interno. Da un lato la riduzione della forza lavoro nel mercato informale degli stupefacenti ha ingrossato le fila dei messicani disoccupati, dall'altro ha fatto aumentare di nuovo la violenza con un record di omicidi e sequestri tra il 2018 e 2020. Non solo. Anche il fronte di chi gestisce questo indotto è frastagliato. Oggi il fentanyl è la ragione principale degli scontri tra due dei cartelli più importanti, quello di Sinaloa (cartello nel quale militava anche Ovidio Guzman, uno dei figli di Joaquin "El Chapo" Guzman) e il cartello Jalisco New Generation Cartel (CJNG).

Negli ultimi anni le autorità messicane hanno provato a fare qualcosa sotto le pressioni di Washington. I sequestri sono aumentati in modo considerevole, ma pochissimi laboratori sono stati individuati e chiusi. Uno dei problemi è che il Messico è uno dei Paesi che spende meno in materia di sicurezza, solo l'1% del suo Pil. Le forze di sicurezza hanno poca discrezionalità investigativa e il sistema giudiziario è farraginoso.

I rischi di una guerra col Messico

La strategia di molti repubblicani è quindi quella di aggredire le catene del valore che portano la droga verso l'America. In primo luogo cercando un sistema per bloccare le forniture di materie base per la produzione delle pasticche che partono dalla Cina e finiscono in Messico; poi facendo pressioni sul Messico. Il presidente Lopez Obrador ha respinto molte accuse al mittente parlando di un problema dettato dalla domanda.

Molti esperti sono scettici su eventuali colpi di mano militari verso sud. Città del Messico è uno dei principali partner commerciali e soprattutto svolte un ruolo delicato nei flussi di migranti che dal Sud-Centro America puntano verso gli Usa. Non solo. L'esercito del Messico non vede di buon occhio la cooperazione con quello americano. Nonostante siano passati 175 anni dalla guerra tra i due Paesi che consegnò vaste fette di nord America a Washington, le forze armate messicane rimangono diffidenti.

Il deputato repubblicano del Texas (Stato che passò con gli Usa proprio dopo il conflitto con il Messico) ha proposto più volte di elaborare con il Messico un dispositivo simile a quello adottato con la Colombia per combattere i narcos che rifornivano le strade americane di cocaina. In una lunga analisi Foreign Policy ha smontato pezzo per pezzo la proposta: sia perché ci si trova di fonte a scenari strategici diversi, sia perché quell'esperienza insegnò che colpire la produzione di droga, per farne aumentare il costo, e quindi ridurre domanda e consumo, era una strategia fallimentare.

Un avvertimento che molti, nel campo repubblicano, dovrebbero tenere a mente nel caso di un conflitto aperto con i vicini del Sud.

Commenti