L'analisi del G

Un anno diplomatico vissuto con intelligenza. Da Biden a Ursula a Modi tutte le mosse di Giorgia

Per la sinistra il governo Meloni era destinato all'isolamento internazionale. Ma la fermezza su atlantismo e aiuti a Kiev ha messo l'Italia al centro dello scacchiere. Con lo zampino di Tajani...

Un anno diplomatico vissuto con intelligenza. Da Biden a Ursula a Modi tutte le mosse di Giorgia

Dopo un anno di governo la premier Giorgia Meloni è riuscita a zittire una gran parte degli uccelli del malaugurio che auspicavano un'Italia ai margini della politica internazionale per esercitarsi poi nel tradizionale sport della denigrazione di tutto quello che sia italiano. La premier, assistita da una ottima squadra di diplomatici e dalla azione convinta del vice premier Tajani, può invece essere soddisfatta di quanto ha fatto ed ottenuto in politica estera, compatibilmente con l'eredità economica e finanziaria ricevuta.

Nel suo discorso di insediamento alle Camere come presidente del Consiglio, Giorgia Meloni si era definita un underdog, rivendicando la sua figura di donna partita facendo politica dal basso e arrivata ai vertici delle istituzioni italiane dopo anni di gavetta e costante crescita. Uno degli ambiti rispetto ai quali c'era maggiore curiosità di vederla in azione era quello della politica estera, settore in cui effettivamente poteva vantare un'esperienza limitata non avendo mai avuto, prima di aver vinto le elezioni, la possibilità di misurarsi nel contesto diplomatico e delle relazioni internazionali.

L'appellativo di underdog non le si addice oramai più, grazie ad una serie di mosse azzeccate che hanno consentito di mantenere l'Italia in una posizione salda e ben visibile a livello globale. Innanzitutto, la premier ha preso subito consapevolezza dell'importanza di confermare le linee guida del ruolo dell'Italia nelle relazioni internazionali, per convinzione e non per opportunismo: atlantismo, europeismo e vocazione mediterranea sono i punti cardinali che definiscono in maniera quasi naturale il posto del nostro Paese nel mondo. Giorgia Meloni ha saputo fugare sin dall'inizio ogni ambiguità rifuggendo «sirene» filo-russe o contrarie all'Unione Europea che sarebbero potute provenire da alcune parti della sua stessa coalizione, evitando mosse azzardate come quelle tentate ad esempio durante il primo governo Conte, quando l'Italia aderì alla Nuova Via della Seta, suscitando non pochi malumori a Bruxelles e a Washington.

Una volta definito in maniera chiara il perimetro di azione dell'Italia, la presidente del Consiglio ha saputo guadagnare considerazione per la propria figura sulla scena internazionale. Il rapporto con gli Stati Uniti è stato improntato da un'ottima sintonia personale con Joe Biden (suggellata dall'invito alla Casa Bianca la scorsa estate), che ha fatto dimenticare le iniziali e pericolose simpatie trumpiane dopo che il governo aveva saldamente manifestato sostegno alla NATO e confermato gli aiuti all'Ucraina contro l'aggressore russo.

A livello europeo, Meloni ha stabilito una buona relazione personale con Ursula von der Leyen, riuscendo a conciliare l'atteggiamento pro-Ue senza rinunciare (irrinunciabile per un Paese fondatore come il nostro) ad alcune battaglie identitarie legate alla sua appartenenza politica. A questo proposito, il tema dell'immigrazione è comprensibilmente in cima alle priorità di questo governo, anche se rimane ancora largamente irrisolto: nei prossimi mesi la sfida per la premier sarà convincere gli alleati europei a fare di più, mettendo in campo una solidarietà che non sia solo di facciata e ingabbiata dagli interessi nazionali dei diversi Stati membri. Le condizioni per un clima diverso si potrebbero materializzare: con la Francia, ad esempio, dopo l'incontro di ieri si potrebbe aprire una nuova fase anche perché Macron ha più margine di manovra, non volendosi far «superare a destra» da Marine Le Pen che ha scelto di sostenere Salvini, mentre un atteggiamento più rigoroso verso la Germania le consentirà di mantenere buone relazioni con i Paesi dell'Europa orientale, basate non su affinità politiche ma su comuni interessi.

La premier ha dimostrato di avere una lungimirante visione anche nei confronti dell'Africa, annunciando il «piano Mattei», i cui dettagli dovrebbero essere resi noti a breve. E sta anche dimostrando un certo interesse per l'Asia, favorita dalla partecipazione al G20 indiano nel quale ha creato un ottimo feeling con il leader Modi riuscendo in un gioco di delicato equilibrismo con la Cina. Una mossa che ha consentito all'Italia di uscire dalla scomoda posizione nella Via della Seta senza tuttavia rinunciare all'importante partnership economica con Pechino. Risultati resi possibili anche dal sostegno offerto dalla rete diplomatica italiana e dal ministro degli Esteri Tajani, con il quale ha formato un tandem efficace grazie alla lunga esperienza di quest'ultimo in campo internazionale ed europeo ed ha riscoperto con lui l'interesse per i Paesi dei Balcani occidentali che vedono l'Italia come il loro naturale interlocutore.

Insomma, il primo anno di Giorgia Meloni nel mondo è stato complessivamente positivo. Molte, però, sono le sfide che la attendono: le elezioni europee saranno un test fondamentale per determinare se il governo andrà avanti rafforzato o indebolito per proseguire la sua politica estera. Inoltre, l'approssimarsi delle elezioni Usa potrebbe mettere la premier in una posizione scomoda dato che il sostegno a Biden potrebbe non essere scontato anche se per i repubblicani dovesse ripresentarsi un candidato controverso come Trump, senza contare un completo e probabile rimescolamento delle candidature in ambedue gli schieramenti.

Tuttavia, l'anno prossimo l'Italia avrà un'occasione d'oro per tornare al centro della ribalta internazionale: la

presidenza di turno del G7 consentirà a Giorgia Meloni di esercitare e mettere in campo la propria leadership, fornendo un'importante opportunità a lei e al nostro Paese in un momento molto delicato a livello geopolitico.

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