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"Archiviazione per Foti". Eppure scatta la gogna

L'intercettazione: "Il capogruppo Fdi chiese 15mila euro a un imprenditore corrotto". Ma la Procura lo scagiona

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Piovono polpette avvelenate. Solo un illuso poteva aspettarsi una campagna elettorale verso le Europee priva del solito fango mediatico, agitato da una sinistra priva di argomenti. Ne è la prova l'articolo di ieri del Domani, dove si attribuisce al capogruppo di Fdi alla Camera Tommaso Foti la paternità di una tangente da 15mila euro per aggiustare un appalto a Piacenza, su cui la Procura starebbe indagando. «Te ne porto venti», gli avrebbe risposto l'imprenditore.

Balle. A smentire Nello Trocchia e Giovanni Tizian, due bocche da fuoco del verbo dei magistrati di prima categoria, è la stessa procuratrice di Piacenza Grazia Pradella, costretta a precisare che sulla posizione di Foti è stata chiesta l'archiviazione il 16 febbraio scorso, contrariamente a quanto sosteneva il Domani. Una smentita che non ripulisce la reputazione del deputato meloniano, dipinto ingiustamente come un corrotto che chiede denaro a un imprenditore, tale Nunzio Susino, legale rappresentante della Cooperativa edile e forestale Altavaltrebbia, considerato così spregiudicato che la Procura ne aveva chiesto l'arresto ma attendibile nel riportare - al telefono, intercettato - la confidenza che Foti gli avrebbe chiesto 15mila euro per aggiustare una pratica. Il parlamentare del Piacentino era stato indagato per corruzione e traffico di influenze illecite in un'inchiesta sugli appalti in Valtrebbia, nella provincia emiliana, indagini che nel 2022 avevano portato ad alcune misure cautelari.

«Dovendosi esprimere il gip su detta richiesta, non si intende rilasciare ulteriori delucidazioni», precisa la Pradella, che così «chiarisce le notizie apparse recentemente sui media». «Quel filone che riguarda Foti non è ancora chiuso», scriveva invece il Domani, che dipinge il capogruppo come «un pasdaran che difende pubblicamente l'indifendibile sui migranti, sulla giustizia, sugli scandali che ha macchiato il primo anno e mezzo di Meloni al governo», considerazione tipica dietro la dinamica della character assassination, in cui si sputtana un politico attribuendogli comportamenti spregevoli, con tanto di «nostalgiche esternazioni sul fascismo», in modo da preparare per il lettore la percezione che sia così spregiudicato da essere corruttibile. «Serino è un millantatore seriale o la sua è l'esagerazione di chi si sente l'onnipotente degli appalti? Non sappiamo se millantasse nell'evidenziare il grado di corruttibilità dell'onorevole Foti», insiste il Domani, che però intanto ci costruisce un pezzo, definendo Foti «malato di soldi». Un mascariamento aggravato da una frase - ripescata da un articolo del Fatto quotidiano di 13 anni fa - in cui il deputato direbbe: «Se mi tagliano lo stipendio da parlamentare, ho le pezze al cu...». «Sarà per questo che la procura piacentina non ancora ha archiviato l'indagine sul fedelissimo di Meloni», è la chiusa del Domani, smentita clamorosamente dalla Procura a quotidiano ormai in edicola.

Non poteva mancare l'accostamento a Foti con le vicende giudiziarie di Giuseppe Caruso, finito in un'inchiesta nel 2019 con l'accusa di essere organico alla ndrangheta emiliana e condannato a 12 anni. Ora, che la mafia calabrese in Emilia-Romagna treschi solo col centrodestra, risparmiando gli eredi del Pci che da ottant'anni fanno il bello e il cattivo tempo, è una storiella che lascia molti dubbi. Soprattutto dopo che il procuratore capo di Reggio Emilia Calogero Paci ha definito la sua città «la capitale della 'ndrangheta al Nord». A quando un'indagine seria sui veri rapporti tra boss e Pd? Chissà, Domani è un altro giorno..

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