Coronavirus

Bonafede ora si inventa pure il processo virtuale: ira degli avvocati

La lettera indirizzata al ministro della Giustizia: "Il prossimo lo facciamo su Facebook? Così si mette a rischio lo Stato di diritto"

Bonafede ora si inventa pure il processo virtuale: ira degli avvocati

Sospensione dei processi prolungata fino all'11 maggio: è tutto contenuto nel decreto liquidità. Mercoledì 15 aprile sarebbe dovuta riprendere l'attività giudiziaria, ma Alfonso Bonafede l'ha procrastinata e dunque i processi da remoto si fanno fino al 30 giugno. E intanto l'Unione delle camere penali lancia avvertimenti chiari: come riportato dall'edizione odierna de La Verità, è stata inviata una diffida al ministro della Giustizia a cui è stato chiesto di non procedere oltre poiché starebbe violando la Costituzione. Gli avvocati hanno fatto notare che mentre i funzionari pubblici stanno continuando a lavorare con le dovute precauzioni e nel rispetto delle norme di sicurezza, la giustizia non è stata considerata un servizio strategico: il fatto di allontanare dall'aula giudici, pubblici ministeri ed avvocati - in una fase che è di superamento del picco epidemiologico - appare "una assurdità semplicemente inspiegabile". La lettera indirizzata al grillino esordisce così: "No al processo penale virtuale. Il prossimo lo facciamo su Facebook?".

La denuncia riguarda l'intenzione di estendere le eccezionali disposizioni in tema di celebrazione a distanza dei procedimenti penali anche ai procedimenti con imputati liberi: fino alla fine di giugno si consentirebbe un'ulteriore "smaterializzazione del processo che fino ad ora nessuno aveva osato neppure immaginare". Gli avvocati potrebbero dunque ascoltare ed esaminare consulenti e parti processuali da casa propria: tali misure sono da intendersi come "minaccia" nei confronti del processo in quanto si rischierebbe di "violarne le regole basilari più sacre e secolari".

"A rischio lo Stato di diritto"

Inoltre ci si chiede pure se non sia indispensabile sin da ora aprire una riflessione seria "sulla inopportunità di mantenere integra la sospensione feriale del mese di agosto, che peraltro prassi giudiziarie poco virtuose già di norma dilatano ben oltre quei trenta giorni". Ma l'esigenza di riavviare in modo deciso l’attività giudiziaria ordinaria, sostenuta con la massima determinazione, non ha nulla a che fare "con questa insensata ed ingiustificabile devastazione delle più intangibile condizione di legalità del processo penale: il giudice, il pubblico ministero e l’avvocato in aula". La ricetta è chiara: distanziati quanto necessario, con guanti e mascherine ove davvero necessario, ma in aula. Altrimenti si rischia che il virus "finisca per annoverare tra le sue già numerose vittime anche quel che resta dello Stato di diritto nel nostro Paese".

Infine l'Unione delle camere penali, con il suo presidente Gian Domenico Caiazza, ha chiesto al ministro Bonafede di prestare ascolto alla richiesta avanzata "perché il governo receda da queste irragionevoli e gravissime prospettive di autentica illegalità processuale, che i penalisti italiani non mancherebbero di avversare, nei processi e fuori da essi, con tutta la forza della quale sono capaci".

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