Guerra in Israele

Bibi spegne Al Jazeera: "Istigatori". L'Onu: "Una decisione liberticida"

Il governo israeliano vota all'unanimità lo stop alle trasmissioni della tv qatariota nel Paese. Sequestrate le attrezzature. L'emittente: "Atto criminale, ricorreremo". Hamas: "Ritorsione"

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Israele ha spento Al Jazeera. Con un blitz domenicale il governo Netanyahu ha dato seguito alla legge votata dalla Knesset lo scorso mese di aprile e ha votato per la chiusura degli uffici della tv satellitare e per lo stop alle sue trasmissioni. «Il governo da me guidato ha deciso all'unanimità: il canale di istigazione Al Jazeera sarà chiuso in Israele», ha scritto a caldo il premier israeliano Benjamin Netanyahu su X. Il provvedimento ha avuto effetto immediato, il ministro israeliano delle Comunicazioni, Shlomo Karhi, ha firmato subito le disposizioni per lo spegnimento del canale. «È passato troppo tempo e ci sono stati troppi impedimenti legali inutili per fermare finalmente la macchina ben oleata di istigazione di Al Jazeera, che nuoce alla sicurezza dello Stato», ha detto Karhi, aggiungendo che «i megafoni di Hamas, coloro che istigano contro Israele, che danneggiano le sicurezza di Israele e dei soldati delle Idf, non trasmetteranno più da Israele e saranno sequestrate le attrezzature». Detto, fatto. Poche ore dopo le forze dell'ordine erano già negli uffici dell'emittente qatariota a Gerusalemme Est per sequestrare le attrezzature, mentre i fornitori dei servizi via cavo e via satellite hanno rimosso il canale, sia quello in arabo sia quello in inglese. Il provvedimento teoricamente è temporaneo, 45 giorni, ma è rinnovabile e non si vede come Israele possa revocarlo. Oscurate anche le pagine web di Al Jazeera.

La decisione ha scatenato l'indignazione dell'emittente, che in comunicato diffuso via X ha parlato di «un atto criminale di Israele» che «viola il diritto umano di accesso all'informazione». Il team legale della rete starebbe preparando una risposta, che potrebbe essere solo l'antipasto di un ricorso in tribunale contro la decisione. Anche Hamas, in una nota diffusa su Telegram, ha parlato di «palese violazione della libertà di stampa» e ha detto che «la chiusura di Al Jazeera è una misura repressiva e una rappresaglia per il ruolo professionale del canale nell'esporre i crimini e le violazioni dell'occupazione a Gaza e in Cisgiordania» e ha invitato le organizzazioni internazionali per la libertà di stampa e i diritti umani a «condannare» le mosse israeliane e «adottare misure punitive».

E le Nazioni Unite non hanno perso tempo nello stigmatizzare la decisione di Tel Aviv. L'Ufficio dell'Onu per i diritti umani ha deplorato «la decisione del governo di chiudere Al Jazeera in Israele», ricordando che «media liberi e indipendenti sono essenziali per garantire trasparenza e responsabilità. Ora ancor di più alla luce delle rigide restrizioni sulle notizie da Gaza. La libertà di espressione è un diritto umano fondamentale. Sollecitiamo il governo a revocare il divieto». Anche Reporters sans frontières ha preso una posizione netta, condannando «con fermezza una legislazione liberticida che censura la rete per la sua copertura della guerra a Gaza», si legge su X. «Israele cerca in tutti i modi di mettere a tacere Al Jazeera per la sua copertura della realtà sulle sorti dei palestinesi in Cisgiordania e a Gaza dal 7 ottobre», fa notare Jonathan Dagher, responsabile dell'ufficio Medio Oriente di Rsf. Dagher bolla come «inaccettabili il voto del Parlamento israeliano per censurare Al Jazeera e le affermazioni diffamatorie di Benjamin Netanyahu rispetto ai suoi giornalisti». «Una simile legge di censura, sotto la copertura delle regole democratiche, prendendo di mira implicitamente un mezzo d'informazione, crea un precedente pieno di minacce per il giornalismo in Israele», aggiunge Dagher. Dall'inizio del conflitto tra Israele e Hamas, sono stati uccisi 103 giornalisti (tre dei quali di Al Jazeera, due nella Striscia e uno in Libano) in raid israeliani, almeno 22 dei quali mentre stavano lavorando.

Al Jazeera è stata fondata a Doha nel 1996 come canale indipendente anche se inizialmente finanziato dal governo di Doha.

Il canale opera in 95 Paesi con 70 uffici e uno staff di 3mila dipendenti, con un pubblico globale di 430 milioni di famiglie.

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