Politica estera

Biden-Xi, prove di dialogo con interessi

Ai due leader conviene una tregua: quello americano guarda alle elezioni, quello cinese all'economia

Biden-Xi, prove di dialogo con interessi

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Il successo dell'incontro con Xi Jinping sarà «garantire una comunicazione normale, anche sul piano militare». Prima di partire per San Francisco il presidente americano Joe Biden fa il punto delle aspettative sul faccia a faccia con il collega cinese che si terrà oggi a margine del vertice Apec, e assicura che «proveremo a cambiare la relazione con Pechino per il meglio». L'inquilino della Casa Bianca spiega che gli Usa non stanno quindi cercando di prendere le distanze dal Dragone, ma al contrario desiderano un rapporto migliore, che gli permetta di «tornare ad un normale corso di relazioni, in cui poter alzare il telefono e parlarsi se c'è una crisi».

Come ha precisato il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan, oltre ad una gestione responsabile della concorrenza tra i due Paesi, sul tavolo del bilaterale - il primo tra Biden e Xi dopo quello di un anno fa a margine del G20 in Indonesia - ci sono anche la guerra in Ucraina e in Medio Oriente. E poi le aree di potenziale cooperazione, come il cambiamento climatico e la lotta al traffico di stupefacenti. Proprio su quest'ultimo fronte, i due leader sono pronti ad annunciare un accordo con il quale la Cina si avvia a lanciare un giro di vite sulla produzione e l'esportazione di Fentanyl, che stando ai Cdc americani è 50 volte più potente dell'eroina e 100 volte più potente della morfina. Secondo l'agenzia Bloomberg l'intesa sarà annunciata a margine dei lavori del vertice Apec: in base all'accordo, Pechino accetta di perseguire le aziende che producono il farmaco ed esportano i precursori chimici utilizzati per produrre il Fentanyl, mentre gli Usa sono disponibili a revocare le sanzioni contro l'Istituto di scienze forensi del governo cinese, accusato di condurre sorveglianza di massa e violazioni dei diritti umani nella regione dello Xinjiang.

Anche se è improbabile che il faccia a faccia californiano porti ad una svolta nei rapporti tra le due potenze, rappresenta comunque un segnale positivo in un momento di estrema crisi globale. È innegabile infatti che la pace e lo sviluppo mondiale passino per il summit di oggi, che si terrà in una città blindatissima, dove per motivi di sicurezza le autorità hanno eretto una enorme barriera d'acciaio in centro e sgomberato le migliaia di senzatetto che affollavano i marciapiedi. I due capi di Stato «avranno una comunicazione approfondita su questioni strategiche, generali e di direzione sulle relazioni Cina-Usa, nonché su questioni importanti relative alla pace e allo sviluppo globali», conferma da parte sua la portavoce del ministero degli Esteri cinese, Mao Ning, esortando Washington a «rispettare con sincerità le ragionevoli preoccupazioni di Pechino e i legittimi diritti allo sviluppo, piuttosto che enfatizzare solo le proprie preoccupazioni danneggiando gli interessi della controparte». «La Cina - precisa - non cerca di cambiare gli Usa, e anche gli Stati Uniti non dovrebbero cercare di plasmare o cambiare la Cina».

Biden, comunque, vuole sondare direttamente Xi sull'Ucraina e su Gaza, dossier dove Pechino è politicamente allineata alla Russia, ribadendo al collega cinese la sua preoccupazione per l'asse tra Pyongyang e Mosca e chiedendogli di dissuadere Teheran da una escalation militare in Medio Oriente. La prospettiva è quella di una de-escalation di entrambi i conflitti, che rischiano di minare la campagna elettorale di Biden e la crescita della Cina. Per il presidente americano il problema è soprattutto politico, mentre per il leader cinese è economico, dopo la frenata del Pil e la stretta high-tech Usa.

Entrambi non sembrano ora aver interesse ad accelerare la sfida bilaterale in un mondo in fiamme, ma semmai a perseguire una tregua geo-strategica: Biden vuole evitare un terzo fronte di conflitto aperto col Dragone, e a Xi converrebbe scommettere su di lui sapendo che Donald Trump o qualunque presidente repubblicano userebbe il pugno duro con Pechino.

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