Cronaca internazionale

Il blackout piega Niamey, la Nigeria taglia l'elettricità

Un generale della giunta in missione in Mali, vicino alla Wagner. Oggi nuove manifestazioni

Il blackout piega Niamey, la Nigeria taglia l'elettricità

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Vanno avanti gli sforzi di mediazione, ma tutte le opzioni sono ancora sul tavolo dopo il colpo di stato in Niger. Una delegazione dell'Ecowas è a Niamey «per negoziare» con i golpisti. È guidata dall'ex capo di stato della Nigeria, Abdulsalami Abubakar, che ha supervisionato la transizione di quel Paese dal regime militare alla democrazia nel 1999. Si pensa che anche il leader spirituale musulmano della Nigeria, il sultano di Sokoto, Muhammadu Sa'adu Abubakar III, faccia parte della squadra. Abubakar esercita un'enorme influenza in Niger, perché il Paese era parte del Califfato di Sokoto, un potente regno prima del dominio coloniale europeo.

Domenica l'Ecowas aveva dato alla giunta militare un ultimatum di 7 giorni per ripristinare l'ordine costituzionale, senza escludere l'uso della forza in caso contrario. E il tempo sta per scadere. I capi militari dell'organizzazione intanto sono nella capitale nigeriana Abuja. Un alto funzionario Abdel-Fatau Musah ha riferito che «l'opzione militare è l'ultima risorsa, ma dobbiamo prepararci all'eventualità». L'Ecowas ha promesso di porre fine all'ondata di colpi di stato che ha afflitto la regione del Sahel negli ultimi anni. Musah ha però precisato che c'è «la necessità di dimostrare che non abbaiamo soltanto, ma possiamo anche mordere». Le pressioni sui golpisti continuano ad aumentare a livello internazionale. I partner occidentali e africani del Niger hanno ampiamente denunciato il colpo di stato. L'Ue, la Francia e la Germania hanno sospeso i loro aiuti al Paese. Intanto il generale Salifou Mody, esponente della giunta che ha organizzato il golpe, è arrivato con una delegazione nigerina a Bamako dove i militari al potere hanno mostrato solidarietà verso quanto accaduto. Il Niger ha infatti ottenuto l'appoggio del Mali e del Burkina Faso, dove ci sono state analoghe azioni militari, con posizioni critiche verso la Francia e un avvicinamento alla Russia. Ma qualcosa si muove. I confini terrestri e aerei del Niger con cinque paesi limitrofi sono stati riaperti, quasi una settimana dopo essere stati chiusi nel colpo di Stato. Ad annunciarlo è uno dei golpisti alla tv nazionale poche ore dopo una prima evacuazione da parte di Francia e Italia dei connazionali e cinque giorni prima della fine dell'ultimatum. Il rimpatrio dal Paese degli stranieri prosegue. Il volo speciale predisposto dal governo, proveniente da Niamey con a bordo gli italiani che hanno deciso di lasciare il Niger, è atterrato sulla pista dell'aeroporto militare di Ciampino alle 05:09 di ieri. Ad accogliere i connazionali il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, e l'incaricato d'affari Usa a Roma. A bordo del volo c'erano in tutto 87 persone di cui 36 italiani. Anche 350 francesi sono stati imbarcati nel ponte aereo organizzato da Parigi. C'erano pure cittadini di altre nazionalità.

La situazione però rimane ancora incandescente e poco chiara. Le principali città sono di continuo in blackout. La Nigeria, infatti, ha interrotto la fornitura di elettricità a Niamey in linea con le sanzioni decise dai Paesi vicini dell'Africa occidentale. Il Niger dipende per il 70% delle sue forniture energetiche dal Paese confinante. Tra l'altro è afflitto da attacchi di gruppi legati all'Isis e ad al-Qaida a ovest e sud est. Ed è uno dei Paesi più poveri del mondo, nonostante le sue risorse di uranio. Parigi però afferma di non avere intenzione di rimpatriare i circa mille soldati di stanza lì per contrastare gli islamisti.

Oggi è attesa una nuova manifestazione a Niamey fuori l'ambasciata francese contro un Paese che è ritenuto ormai soltanto una potenza coloniale.

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