Cronaca giudiziaria

Il boss Messina Denaro in fin di vita

Trasferito in ospedale per il cancro al colon. I familiari autorizzati a fargli visita

Il boss Messina Denaro in fin di vita

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La malattia ha fatto il suo corso. E il viavai dei familiari conferma la drammaticità del momento: le condizioni di salute di Matteo Messina Denaro sono peggiorate, il tumore al colon è in una fase molto avanzata e a questo punto il futuro è solo un'ipotesi.

Da circa una mese e mezzo, il boss è ricoverato all'ospedale San Salvatore dell'Aquila e qui i sanitari cercano di contrastare la progressione inesorabile del male, in mezzo a imponenti misure di sicurezza. C'è stato in agosto un intervento chirurgico per un'occlusione intestinale, intanto si va avanti con la terapia del dolore, seguendo scrupolosamente i protocolli previsti per quello che, senza tanti giri di parole, è considerato un malato terminale.

Messina Denaro, il capo di Cosa nostra, il latitante numero uno d'Italia, era stato catturato il 16 gennaio scorso a Palermo, in clinica, proprio sfruttando la sua vulnerabilità di persona non più in perfette condizioni di salute, ma anzi costretta a frequenti ricoveri per via di una patologia molto aggressiva.

Il suo arresto, con il video in cui ammette di essere Messina Denaro e viene portato via senza manette, ha fatto il giro del mondo e costituisce una pagina gloriosa nella lotta dello Stato a Cosa nostra. Il giorno dopo, il boss è stato trasferito nel carcere dell'Aquila, al 41 bis, e di lui si è continuato a parlare a lungo, se non altro per l'incredibile serie di covi e nascondigli - una sorta di covo diffuso - scoperti dagli inquirenti a Campobello di Mazara, nel cuore della Sicilia da cui evidentemente non si era mai allontanato.

Qualcuno aveva anche ipotizzato che proprio le prospettive strette e l'orizzonte corto avrebbero spinto Messina Denaro a pentirsi o quantomeno ad aprire un dialogo con l e istituzioni.

A quanto pare, invece, le cose sono andate diversamente e il cambiamento non si è verificato: il boss sembra voler portare nella tomba i segreti che custodiva, esattamente come avevano fatto prima di lui il padre Francesco, imprendibile fino alla morte, e poi Bernardo Provenzano e Totò Riina, impermeabili a qualunque forma di collaborazione. I magistrati palermitani vanno avanti con il lavoro di scavo: sono stai arrestati numerosi fiancheggiatori, peraltro già decimati dalle continue retate andate avanti negli ultimi anni, sono state individuate in modo sorprendente anche alcune donne che gli allietavano la latitanza. E sono saltati fuori i pizzini, o comunque i biglietti mandati di volta in volta ai tanti «soldati» dell'esercito criminale.

La svolta, se così si può dire, però non è arrivata: non è stato trovato il tesoro miliardario di cui il padrino disporrebbe e all'appello del network mafioso mancano ancora molti nomi, specie ai piani alti.

Ora la scena si concentra sull'ospedale dove Messina Denaro combatte la sua ultima battaglia. Non è semplice attrezzare come una prigione blindata all'inverosimile l'ala di un luogo di cura.

Ma questo è avvenuto, anzi da una settimana è stata allestita una vera e propria cella nel reparto dei detenuti per coniugare le esigenze strettissime della sicurezza e quelle del diritto alle cure e a un trattamento dignitoso, come è giusto che sia pur in una situazione eccezionale.

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