Magistratura

"Botte culturali", assolto il bengalese

A Brescia il pm riformula l'imputazione sui maltrattamenti alla moglie: il giudice dice sì

Il tribunale di Brescia ha condannato a 4 anni il padre di 33 anni che aveva rapito il figlio
Il tribunale di Brescia ha condannato a 4 anni il padre di 33 anni che aveva rapito il figlio

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Assolto sì, ma non perché la violenza nei confronti delle donne era per lui un fatto culturale. Assolto perché il fatto non sussiste. Si conclude così, con una improvvisa retromarcia, la singolare vicenda giudiziaria che a inizio settembre aveva fatto discutere in tutta Italia.

Il Tribunale di Brescia ha infatti assolto Hasan Mb Imrul, il cittadino bengalese finito a processo per maltrattamenti ai danni della ex moglie 27enne, sua connazionale e cugina sposata in patria con un matrimonio combinato dopo la morte dello zio. Il caso era stato accompagnato dalle polemiche quando il pm Antonio Bassolino aveva sostenuto che il comportamento dell'uomo era «frutto dell'impianto culturale e non della volontà di annichilire e svilire la coniuge». E proprio quell'«impianto culturale» è finito nel mirino. Secondo quanto riporta l'Ansa all'inizio del processo Bassolino pronipote omonimo dell'ex sindaco di Napoli e governatore della Campania - avrebbe depositato una memoria con cui, «esaminati gli atti, rivaluta la precedente richiesta e la riformula chiedendo l'assoluzione perché il fatto non sussiste, perché il reato di maltrattamenti contestato difetta del requisito dell'abitualità». Tradotto: cambia la formula e il giudice dice sì: accusato assolto. Solo lo scorso agosto Bassolino aveva scritto che «i contegni di compressione delle libertà morali e materiali della parte offesa da parte dell'odierno imputato sono il frutto dell'impianto culturale e non della sua coscienza e volontà di annichilire e svilire la coniuge per conseguire la supremazia sulla medesima, atteso che la disparità tra l'uomo e la donna è un portato della sua cultura che la medesima parte offesa aveva persino accettato in origine». E se la richiesta di assolvere l'uomo «perché il fatto non costituisce reato» aveva scatenato le reazioni tanto del mondo della politica e della giustizia, la retromarcia e la nuova versione secondo la quale non ci sono state percosse sorprende i più. Per poter conoscere le motivazioni della sentenza si dovrà attendere qualche mese, ma intanto il cambio di direzione ha già scatenato la rabbia dell'ex moglie di Hasan. «Ancora violenza senza tutela. Le donne maltrattate non denunceranno più», ha commentato l'avvocato Valeria Guerrisi, difensore della donna che per anni sarebbe stata vittima di soprusi fisici e psicologici. Già un mese fa la 27enne bengalese aveva espresso tutto il suo sconcerto, dopo aver trovato il coraggio di sporgere denuncia «solo nel 2019, dopo anni di urla, insulti e botte, sotto la costante minaccia di essere riportata in Bangladesh definitivamente». L'ex marito l'aveva anche costretta ad abbandonare gli studi superiori dopo la maternità e a restare segregata in casa. Ma la vicenda giudiziaria si trascina anche da tempo, perché la Procura aveva già chiesto l'archiviazione del procedimento, ma il gip aveva ordinato l'imputazione coatta, stabilendo che «sussistono senz'altro elementi idonei a sostenere efficacemente l'accusa in giudizio» nei confronti dello straniero.

Ora la nuova sorpresa.

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