Guerra in Israele

C'è il piano di pace di Usa e Paesi arabi. Lo schiaffo di Bibi. "Non è ora di regali"

Il progetto: Stato palestinese con capitale Gerusalemme Est, sicurezza e governo congiunti per Cisgiordania e Gaza. Destra e premier israeliano: "Inaccettabile". Il capo della Cia in Israele. Blinken: "Ostaggi, accordo possibile"

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«Non è il momento di pensare di fare regali ai palestinesi», Pressato dall'ultradestra dei ministri Smotrich e della sicurezza nazionale Ben Gvir, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu sbatte la porta in faccia al piano di pace elaborato da Stati Uniti e Paesi arabi, svelato ieri dal Washington Post e che Joe Biden vorrebbe rendere pubblico dopo l'annuncio di una tregua nella guerra a Gaza. Messo a punto con Giordania, Egitto, Qatar, Arabia saudita, Emirati arabi uniti e rappresentanti palestinesi, il piano prevede «una cronologia precisa» per la nascita di uno Stato palestinese con capitale Gerusalemme Est, l'evacuazione di molti insediamenti della Cisgiordania e un apparato di sicurezza e di governo congiunti per la Cisgiordania e Gaza (con Abu Mazen che si dice già pronto a tornare nella Striscia). Un progetto cruciale per Biden, uno schiaffo per l'estrema destra israeliana, che ha già spinto il governo a rigettare le proposte ora rilanciate dagli Stati Uniti.

Eppure Biden ha un bisogno vitale di un progetto pacificatore a lungo termine, per voltare pagina sull'ultima brutale guerra in Medioriente con una svolta concreta e duratura. La firma del piano farebbe entrare il leader americano negli annali e gli farebbe accantonare il più complicato capitolo di politica estera della sua presidenza, sempre più insidioso per la corsa alla Casa Bianca. Prima di dibatterne, già dalle prossime settimane secondo il Wp, serve però una tregua a Gaza e il rilascio degli ostaggi. Per premere sull'intesa, che il segretario di Stato Usa Blinken ritiene «ancora possibile», Biden ha inviato ieri in Israele il capo della Cia Burns che ha incontrato Netanyahu e il direttore del Mossad, Barnea. E nella serata italiana Biden ha avuto una telefonata di 40 minuti con Netanyahu. L'obiettivo è una sospensione del conflitto e la consegna dei rapiti, che Biden spera arrivi prima dell'offensiva su Rafah. Il passaggio successivo - per Washington - sarebbe l'annuncio del piano di pace. Ma entrambe le prospettive, in queste ore, sembrano lontane. Secondo la tv saudita Al Arabiya, Hamas ha respinto la proposta di Israele per il rilascio di tutti i rapiti in cambio della scarcerazione di 1.500 palestinesi dalle carceri israeliane. Il leader Haniyeh ha ribadito le condizioni del gruppo, già rigettate come «deliranti» da Israele: cessate il fuoco e ritiro dell'Idf da Gaza, oltre a un «serio» scambio di prigionieri.

A queste condizioni, il piano americano sembra un miraggio. «Ora è il momento della vittoria totale su Hamas e tutte le considerazioni sul giorno dopo Hamas si svolgeranno il giorno dopo Hamas», ha tagliato corto il portavoce di Netanyahu, Avi Hyman. Per il ministro della sicurezza Ben Gvir «è folle istituire uno stato terroristico a fianco di Israele». E il ministro delle finanze Smotrich tuona: «Non accetteremo mai, in nessuna circostanza, un piano che sostanzialmente dice che i palestinesi meritano un premio per il terribile massacro contro di noi». Dal Likud, il partito di Netanyahu, si spinge oltre il ministro degli affari della diaspora Chikli: «Se questa è la visione americana, dobbiamo resistere e minacciarli con nostri passi unilaterali, come la cancellazione degli accordi di Oslo». Suggellati nel '93 alla presenza di Bill Clinton, con la stretta di mano fra il premier israeliano Rabin e il leader palestinese Arafat, gli accordi decretarono il diritto palestinese all'autogoverno con l'istituzione dell'Autorità nazionale palestinese (Anp) e il reciproco riconoscimento politico.

Furono pagati da Rabin con la vita, due anni dopo, per mano di un estremista di destra.

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