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Cadono i "villaggi di Asterix". Da Bari al Piemonte l'estinzione dei feudi rossi

Anche le città gestite dai dem come affari dinastici finiscono sotto i colpi delle indagini. Alle porte non ci sono le legioni romane ma i commissariamenti

Cadono i "villaggi di Asterix". Da Bari al Piemonte l'estinzione dei feudi rossi

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Sempre così, ci si ammazza per conquistare campo in lungo e in largo (soprattutto) e poi s'inciampa sulla manutenzione, si dà per assodato il terreno consolidato che invece, incredibile, tu guarda: si sta disossando, spuntano zolle ad erbacce laddove avevi preventivato vendemmie elettorali. Poi i giornalisti non hanno molta fantasia, i territori di storica appartenenza politica, oltreché «rossi», li hanno sempre chiamati «roccheforti», «feudi», «fortini», «baluardi» oppure ecco, «villaggi di Asterix». Quest'ultimi vi erano sfuggiti, ammettetelo, eppure è roba vecchia.

Dopo ci occuperemo di Bari, ma prima leggete quanto scriveva il «Quotidiano Piemontese» undici anni fa: «C'è qualche problema nel villaggio di Asterix, ovvero in quella Torino che per anni è stata considerata e raccontata come l'avamposto della cultura e dell'amministrazione di sinistra gli eventi che si stanno succedendo raccontano il declino o la denuncia dei problemi del ventennio rosso a Torino Le tessere del Pd raddoppiano come per incanto... Ma non è l'unico cruccio del partito e del sistema di potere che da vent'anni governa Anche qui è finito il ventennio del sistema». Ma i villaggi di Asterix erano dappertutto: chiamavano così anche l'ex fortino No Tav di Chiomonte in Valsusa, poi divenuto un cantiere blindato; anche il movimento aveva scelto come testimonial il villaggio gallico abitato da Asterix e Obelix laddove «gli indomabili galli resistono all'avanzata delle truppe di Cesare», che peraltro, nei disegni di Albert Uderzo, si trascinavano tutta una simbologia che oggi nutre l'allucinazione antifascista: il saluto romano, il fascio littorio, l'aquila romana, tutta la spocchia e la prosopopea dei romani di ieri e di oggi opposta allo sciovinismo francese di ieri e di oggi.

Del resto la tenace opposizione dei galli all'invasore romano fu pubblicata una prima volta nel 1959, quando poteva facilmente ricordare la resistenza di una parte dei francesi all'occupazione tedesca: quindi allora come oggi, in Gallia come nel torinese - ecco l'illusione retro-progressista, la semplicità del villaggetto col druido, il capo Panoramix, più i due citati formidabili guerrieri e, ancora, il miraggio di un'umanità semplice fatta di pescivendoli, fabbri, maestri, più un capo villaggio che si chiama Abracourcix che non decide mai niente ma che probabilmente si è beccato tutti gli avvisi di garanzia. Ma non c'è magica pozione che possa salvare lui e i villeggianti, perché, peggio di un assedio della legione romana, c'è finire «attenzionati» (ormai si scrive così) dall'Antimafia per voto di scambio e altri discutibili reati di questa sporca epoca post-romana. Peggio mi sento, avrebbero detto nel cuore dell'Impero, se intanto si è accompagnati da una pari attenzione rivolta dall'Antimafia anche a Bari, dove in omaggio ai francesi si sono spinti al limite a parlare di «Parigi del Sud» (assieme a Lecce) ma dei villaggi di Asterix no davvero, anche se, spesso, i baresi li chiamano «galletti» (e non galli) per via della mascotte calcistica. Questo non toglie che la città barese, per la sinistra, è sempre stata un affare dinastico, appunto un feudo e insomma tutte le espressioni di prima: ma c'è poco da giocare coi fumetti, perché ora il rapporto tra politica e malaffare si traduce penalmente in compravendita di voti o cosiddetto voto scambio, e sono proprio le radici e la consistenza nel consenso dei vari «villaggi» o «feudi» che rischiano di essere rimessi in discussione.

E alle porte non ci sono le legioni romane o il feroce saladino, ci sono quei commissariamenti per mafia e quel reati per voto di scambio che per anni sono stati, loro sì, «baluardi» della sinistra contro l'invasore.

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