Coronavirus

La Catalogna ora trema e combatte la movida. Chiusi pub e discoteche

Multe e sgomberi contro gli irriducibili della notte. Ma i contagi continuano a crescere

La Catalogna ora trema e combatte la movida. Chiusi pub e discoteche

Madrid Nella Spagna che ha inventato la movida, il divertimento prêt-à-porter, il vietato vietare, la pericolosa remontada del virus assassino suona ormai come una barzelletta. L'ondata bis di Covid-19 ha invaso trenta province nelle diciassette comunità autonome del Regno di Re Felipe VI. E il 75 per cento dei focolai sparsi in terra iberica è stato dichiarato «altamente contagioso».

Preoccupa, soprattutto, la Catalogna. Tra venerdì e sabato, a Barcellona, nella sua area metropolitana, a Segriá e nella provincia di Lleida - un totale circa di due milioni di abitanti - si sono registrati 1.493 nuovi contagi, che si sommano agli 89.727 casi totali, e tre morti che fanno crescere i decessi a 12.677, secondo quanto riportano le autorità sanitarie catalane. Sono numeri che rimandano la situazione a metà maggio. Perciò la Generalitat ha ordinato la chiusura di discoteche, locali notturni e pub per le prossime due settimane.

Sabato mattina nel palazzo del comando della Catalogna si è tenuta una riunione straordinaria tra i quattordici sindaci dei paesi dell'area metropolitana di Barcellona e i consiglieri alla Sanità Alba Vergés e agli Interni Miquel Buch nel timore di un imminente nuovo disastro. C'è allarme per i centri di terapia intensiva, collassati a maggio: cresce la paura per una nuova crisi di ricoveri fuori controllo, come anche in tutta la Spagna. L'età media dei contagiati è diminuita a una media di 50 anni. Ora appare impossibile, in piena estate, fare rispettare le restrizioni sociali, dopo il 17 giugno scorso, quando, la città dei Conti fu la prima a riaprire tutto.

Per contenere il peggio, da una settimana, il sindaco di Barcellona, Ada Colau, sostenuta da un bipartito di sinistra e verdi, ha riapplicato le restrizioni di maggio: uso della mascherina in tutti i luoghi pubblici e anche per strada, chiusura di cinema e teatri, divieto ai ristoranti con oltre quindici coperti, ordine ai tapas bar di servire soltanto all'esterno non più di dieci persone nel rispetto delle norme igieniche e cancellazione di tutte le feste cittadine, una peculiarità antica fermata soltanto dalla Guerra Civile. Tuttavia anche con l'ordinanza di non aggregarsi e distanziarsi, nei chiringuitos in spiaggia e nei tapas bar, la polizia è dovuta intervenire più volte per sgombrare tra le quaranta e le sessanta persone a locale. Centinaia di persone sono state multate, ma il giorno dopo la Movida degli irriducibili, tanti spagnoli e molti turisti tedeschi e inglesi, si è riaccesa con la cerveza che scorreva altrove.

I Comuni limitrofi a Barcellona continuano a denunciare l'eccessiva mobilità tra la città, dove ci sono alcuni focolai attivi e la periferia, tanto che la Generalitat ha chiesto ai catalani una «mobilità responsabile». La Colau, davanti all'impennata di contagi - da due settimane a Barcellona ci sono in media 400 casi al giorno invoca di restare a casa, rimandando i bagni al mare al 2021. E, dopo due giorni di flessione, i contagi sono tornati a crescere nella città di Gaudí. La spiaggia cittadina di dieci chilometri è stata, fino a ieri, un carnaio di turisti low-cost tedeschi e britannici, giunti in 7 mila.

Situazione preoccupante anche in Navarra, Paesi Baschi, Rioja ed Estremadura: le autorità locali denunciano la presenza di lavoratori agricoli stagionali rumeni e nordafricani giunti in Spagna già positivi al Covid, non fermati dalla maglia dei controlli sanitari. Intanto il sindaco di Madrid, José Luis Martínez-Almeida (PP), sta reclutando i «controllori anti-Movida» per far passare ai madrileni la voglia di uscire di casa senza rispettare le distanze e i divieti.

Sopprimere la movida sta diventando la lotta impari contro i mulini a vento.

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