Magistratura

Catania, rilascia sei migranti. Nuovo assalto al governo

Un altro giudice nega la convalida alla permanenza nei centri d'accoglienza. Terzo video sulla Apostolico

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Un altro giudice, sempre a Catania, non applica i decreti del governo. Si chiama Rosario Cupri, collega della Apostolico nella prima sezione civile del Tribunale catanese, nel gruppo specializzato su diritti e immigrazione. Il questore di Ragusa ieri mattina ha disposto i provvedimenti di trattenimento nei confronti di 6 cittadini tunisini, richiedenti protezione internazionale, tutti nell'hotspot di Pozzallo. La norma attuale prevede il trattenimento presso un Cpr, in questo caso a Modica. La richiesta di convalida è arrivata sul tavolo del giudice Cupri, che si è preso un pomeriggio per decidere. E alla fine, come la Apostolico, anche lui ha negato la convalida disponendo l'immediato rilascio dei sei tunisini. Uno dei procedimenti riguarda un 37enne tunisino sbarcato il 3 ottobre a Lampedusa e poi trasferito a Pozzallo. Nel caso specifico il giudice sottolinea, ricordando una decisione della Corte di giustizia Ue, come «il trattenimento di un richiedente protezione internazionale» costituisca «una misura coercitiva che priva tale richiedente della sua libertà di circolazione e lo isola dal resto della popolazione, imponendogli di soggiornare in modo permanente in un perimetro circoscritto e ristretto». «Ne discende - osserva - che il trattenimento è legittimamente realizzabile soltanto in presenza delle condizioni giustificative previste dalla legge». Cioè, non bastano quelle previste dalle nuove norme sui migranti. Una sconfessione del governo. Poi ricorda che la Corte di Cassazione ha stabilito che «la normativa interna incompatibile con quella dell'Unione va disapplicata dal giudice nazionale». Il giudice concorda espressamente con la Apostolico, citando «precedenti decisioni di questo Tribunale in procedimenti di convalida di trattenimenti riguardanti cittadini tunisini e le cui motivazioni sono condivise da questo giudicante».

Un nuovo caso Apostolico? Il caso della giudice è talmente un mistero da «dossieraggi» che sulla sua partecipazione al corteo Catania nel 2018 spunta un terzo video, in cui si vede sempre più chiaramente la giudice del Tribunale di Catania mentre intona cori («siamo tutti antifascisti») e batte le mani insieme agli altri manifestanti a sostegno dei migranti della nave Diciotti, contro la polizia schierata al porto (e contro Salvini). Corteo che arrivò a scontrarsi con la polizia e al ferimento di un agente. Non certo un evento costituito «per la maggior parte di estrazione cattolica e in minore misura di esponenti della sinistra», come ha sostenuto lei di fronte ai colleghi magistrati catanesi.

In effetti la lista dei promotori della manifestazione è ancora on line, nella pagina Facebook di «Facciamoli scendere». Tra i promotori si trovano Cobas, centri sociali, Rete Antirazzista catanese, collettivi femministi e molte altre sigle, con l'adesione, si legge, anche di Potere al Popolo, Rifondazione Comunista, Possibile, Articolo 1. E tra i firmatari c'è proprio il nome di Massimo Mingrino, il marito di Iolanda Apostolico. C'è anche lui, come nei precedenti, nel terzo video pubblicato sui canali social dalla Lega che lo accompagna con una frase del giudice Rosario Livatino («Nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma credibili»). Il partito di Salvini torna a chiedere un passo indietro della Apostolico e in una nota parla di «silenzio assordante» dopo l'ennesimo video, «è scandaloso che non siano ancora arrivate le dimissioni dell'interessata. La riforma della Giustizia si conferma urgente e necessaria». Il ministro della Giustizia Carlo Nordio, a cui è stato chiesto, con due interrogazioni parlamentari, di valutare l'invio di una ispezione a Catania, annuncia a Libero nuovi «accertamenti» sulla giudice.

Ma a questo punto, sui giudici.

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