Cronaca giudiziaria

Un cavillo libera Buzzi: è già fuori dal carcere. Deve scontare 5 anni

La Corte di Cassazione ha definito illegittimo l'ordine di esecuzione dell'arresto. Carminati era già uscito

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Libero. Salvatore Buzzi, 12 anni di carcere di cui ancora 5 da scontare, da mercoledì è fuori. Libero per un cavillo il re delle coop rosse amico e socio in affari con l'ex Nar Massimo Carminati, anche lui condannato dopo l'inchiesta Mondo di Mezzo sul sistema di corruzione negli appalti romani, e pure lui rimesso da tempo in libertà.

Buzzi, da un anno nel penitenziario di Catanzaro, è fuori per un provvedimento della Cassazione che definisce illegittimo l'ordine di esecuzione del suo arresto. Paradossalmente viene condannato in via definitiva a 12 anni e 10 mesi di reclusione proprio dai giudici del «Palazzaccio», la Cassazione. Un vizio di forma, dunque, che non riduce la sentenza di terzo grado che resta ancora da scontare. I suoi difensori hanno 30 giorni di tempo per chiedere una misura alternativa alla galera.

Buzzi, già condannato per omicidio volontario aggravato, viene arrestato nel dicembre 2014 dopo mesi di indagini su un sistema di tangenti che gravitava sulla sua cooperativa di ex detenuti, la «29 Giugno». Con lui in manette Carminati, personaggio legato ai «neri» di Giusva Fioravanti, accusato, poi prosciolto, dell'omicidio di Mino Pecorelli e della maxi rapina al caveau interno al Tribunale di piazzale Clodio, a Roma, nonché del depistaggio sulla strage alla stazione di Bologna. Secondo le accuse i due sarebbero stati i promotori e gli organizzatori di un'associazione di stampo mafioso nel cuore dell'amministrazione pubblica romana, condizionando gli orientamenti politici e interferendo nella gestione degli appalti. Tanto che il fascicolo viene denominato «Mafia Capitale», almeno fino a quando la Cassazione, nell'ottobre 2019, stabilisce che non si tratta di mafia, derubricando il 416 bis.

«Non sono un mafioso», si è difeso Buzzi spiegando di aver avuto a che fare con politici che «chiedevano favori e soldi». «Dovevo pagare per poter lavorare. Corruzione, non mafia», ha sempre detto. Secondo Buzzi, su di lui e su Carminati sarebbe stato «fatto un film». Sarà un caso ma quando, nel 2021, rileva con la suocera un pub a Tor Vergata, al locale cambia look e soprattutto menù. Hamburger di ogni tipo e misura che chiama «Scrocchiazeppi», «Libanese», «Agro Pontino», «Gomorra», «Mondo di Mezzo», ovvero la società ci cui parlò Carminati e messa agli atti da un'intercettazione dei carabinieri del Ros. Nomi presi dalle fiction tv «Romanzo Criminale» e «Suburra», quest'ultima ispirata alle loro «gesta». «L'inchiesta Mondo di Mezzo è stata un flop assoluto ma ha distrutto le nostre vite», commenterà all'inaugurazione della paninoteca. È la nuova avventura prima di entrare nuovamente in cella. «Qui i clienti pagano tutti: amici, parenti, conoscenti. Sconti solo per gli ex dipendenti della 29 Giugno mentre i pm pagheranno doppio e i giudici triplo», spiega.

Nella sentenza del processo bis di secondo grado, luglio 2021, i magistrati sottolineano che «la figura criminale di Buzzi si caratterizza per aver pesantemente influenzato e inquinato l'agire pubblico per anni». Buzzi inizia la sua carriera in banca dove lavora. Sottrae assegni che un complice, Giovanni Gargano, si incarica di incassare. Il socio, però, lo ricatta e Buzzi decide di eliminarlo con 34 coltellate. È il 26 giugno 1980: il cadavere lo getta nelle campagne di Malagrotta dopo averlo cosparso di benzina. Nel 1983 viene condannato a 30 anni.

Un detenuto modello, Buzzi: dietro le sbarre si laurea e fra indulti e sconti di pena nel 1995 torna in libertà.

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