Cronache

Cellulare, la nuova droga fa 45 (anni)

Da status symbol a quotidianità. Ma oggi 4 adulti su 10 ne abusano

Cellulare, la nuova droga fa 45 (anni)

Unire l'utile al dilettevole. O, meglio, al beffardo. Martin Cooper mise in atto magistralmente il proverbio. New York, 3 aprile 1973: l'ingegnere della Motorola, oggi 90enne, stava per far partire la prima telefonata da rete cellulare della storia. E scelse di usarla per chiamare il collega e rivale della Bell Laboratories, Joe Engel. «Noi della Motorola ce l'abbiamo fatta», gli disse attraverso la cornetta bianca del DynaTac, un chilo di telefono, niente display, 35 minuti al massimo di utilizzo seguiti da una ricarica di 10 ore. Esattamente 45 anni fa: fu quello il momento in cui il mondo delle telecomunicazioni cambiò per sempre.

In realtà, ci vollero altri dieci anni prima che i cellulari entrassero davvero sul mercato. Il Motorola DynaTac 8000X, diretto successore del prototipo, fece la sua comparsa nel 1983. Costava 4mila dollari. Abbastanza per trasformarsi subito in uno status symbol. Ma con il succedersi dei marchi e dei modelli i prezzi diventarono sempre più accessibile, fino a rendere il cellulare parte integrante della vita di ciascuno di noi. Relegando man mano nella categoria amarcord il telefono fisso, scalzato persino dall'ultimo paniere Istat pubblicato a febbraio.

Oggi con il telefonino si può fare tutto. Soprattutto dopo l'avvento degli smartphone: letteralmente i «cellulari intelligenti», con capacità di calcolo, memoria e connessione dati più avanzate dei modelli prodotti in precedenza. Con lo smartphone si può lavorare da casa, ordinare la cena, fissare un incontro al buio. Anche pagare nei negozi: nel 2017 il Politecnico di Milano ha registrato oltre 70 milioni di transato via mobile in punti vendita sparsi per l'Italia, in crescita rispetto ai 10 del 2016.

Oggi, a 45 anni dal primo utilizzo del cellulare, ne registriamo le conseguenze positive, ma anche quelle negative. Secondo un sondaggio condotto da Deloitte, quattro italiani su dieci ritengono di utilizzare troppo il proprio dispositivo, cifra che sale a sei su dieci tra gli under 24. Si chiama «nomofobia», paura di restare senza cellulare. Non è un caso che siano nate alcune app, come Space e Moment, che permettono di monitorare quante volte al giorno si sblocca lo schermo del proprio device per cercare di limitarsi. L'utente medio, è stato stimato, lo fa 2.600 volte al giorno.

«Un giorno i cellulari saranno così piccoli che si potranno impiantare direttamente sotto pelle», aveva predetto l'ingegnere della Motorola.

Chissà se anche questa volta ci avrà preso.

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