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Crolla il mito delle giunte modello di sinistra

C'era una volta il sindaco "rosso", simbolo del buongoverno. Un declino sotto gli occhi di tutti

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C'era una volta il sindaco «rosso», simbolo del buongoverno. Un declino sotto gli occhi di tutti: Milano annaspa tra una fame di case, strade colabrodo e un traffico in tilt. A Roma cadono gli alberi e crollano i costoni delle strade, le indagini certificano che persino la placida Emilia-Romagna è strangolata dalla 'ndrangheta. Il tramonto di questa figura quasi mitologica coincide con lo sgretolamento del contegno istituzionale dei sindaci di fronte al caso Bari. Antonio Decaro è in corsa per le Europee, si proclama innocente ed è giusto credergli, nonostante un pentito considerato credibile dica ai pm di averlo fatto votare in cambio di assunzioni che si sono effettivamente realizzate. Ma dal presidente Anci che rappresenta tutti i Comuni (anche quelli sciolti per mafia, su cui non ha mai fiatato) ci si aspetterebbero parole più istituzionali, non certo gli attacchi scomposti al Viminale e al centrodestra. Perché quando un pezzo di Stato attacca un altro pezzo di Stato, a guadagnarci sono solo i mafiosi. E quanto suona stonato il coretto di solidarietà a Decaro al corteo di Libera per le vittime di mafia, ieri a Roma. Dai suoi colleghi sindaci nessun riferimento alle indagini, ma solo un attacco ipocrita al ministro Matteo Piantedosi: «È un bullo inadeguato», sibila Riccardo Magi di +Europa. Per Beppe Sala «è un gran pasticcio che allontana dalla politica la gente perbene», persino la Uil col leader Pierpaolo Bombardieri si schiera con Decaro per il suo «impegno antimafia». «È un attacco politico», blatera il sindaco di Roma Roberto Gualtieri, come se la mossa di spulciare le carte del Comune fosse indipendente dalla maxi-inchiesta che ha portato al commissariamento della società di trasporti controllata da Comune e non un atto preventivo per evitare l'ulteriore contagio di un cancro già certificato dai pm. Ma a pesare come un macigno è la posizione dell'ex procuratore nazionale Antimafia Federico Cafiero de Raho. È bizzarro che l'ennesimo pm che passa dall'Antimafia al Parlamento resti muto sull'inchiesta dei suoi ex colleghi della Dda di Bari.

Questi sgraziati distinguo sono l'epitaffio finale sulla lotta alle cosche, già pesantemente offuscata dallo strabismo giudiziario emerso con i presunti dossieraggi nati dentro la Direzione nazionale antimafia, la cui ombra si allunga proprio su de Raho.

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