Afghanistan in fiamme

Il ricatto al tavolo dei Grandi: miliardi e legittimazione. E senza un'intesa sarà il caos

Per concedere tempo le milizie chiederanno i fondi della Banca Mondiale e lo sblocco dei beni congelati I rischi dell'opzione militare. G7 in salita

Il ricatto al tavolo dei Grandi: miliardi e legittimazione. E senza un'intesa sarà il caos

L'ordine del giorno del G7 di oggi è già deciso. Ma a scriverlo non sono stati i leader delle grandi potenze bensì i talebani. Il «niet» con cui i loro portavoce hanno accolto la proposta inglese di estendere ben oltre il 31 agosto le operazioni di evacuazione in corso all'aeroporto di Kabul ci fanno capire che il principale problema dei sette grandi sarà quest'oggi quello di evitare un altro vergognoso ricatto. O almeno non renderlo troppo evidente. Per capire chi abbia il coltello dalla parte del manico basta guardare la situazione sul terreno. In questo momento all'interno dell'aeroporto ci sono almeno 10mila persone ancora da evacuare. Ma il vero buco nero è il dato riguardante quelle ancora fuori dall'aeroporto o dalla stessa capitale. Tutti i paesi coinvolti, Stati Uniti in testa, pensavano d'aver davanti settimane, se non mesi, per finalizzare le liste d'evacuazione.

Ma la repentina avanzata talebana ha trasformato in illusioni i loro piani. Solo gli americani stimano di avere ancora sul terreno 10mila, o forse 15mila, cittadini. Senza contare gli oltre 80mila afghani meritevoli di venir salvati per aver lavorato, con le forze armate o le varie organizzazioni statunitensi alternatesi sul terreno in questi venti anni. Lo stesso vale per gli altri paesi Italia compresa. Dunque nessuno è in grado di quantificare esattamente il numero delle persone da portar ancora. Secondo alcuni la stima totale potrebbe non essere inferiore alle 200mila unità. Proprio per questo Boris Johnson ha lanciato, alla vigilia del G7, un appello per prolungare le operazioni di evacuazione oltre il 31 agosto. Ma farlo grazie ad un accordo con i talebani equivale a prestar il fianco ai loro ricatti. Farlo senza un accordo significa invece esporsi ai loro razzi e alle loro bombe. Di che morte morire? La scelta dell'intesa, destinata a passare attraverso Zalmay Khalilzad, l'inviato americano d'origini afghane artefice del disastroso accordi di Doha, è tutto fuorché onorevole. Per garantirci qualche settimana di permanenza in più dentro all'aeroporto i talebani potrebbe esigere innanzitutto lo sblocco dei 450 milioni di dollari in aiuti che il Fondo Monetario avrebbe dovuto erogare già ieri al deposto governo di Kabul e sono stati, invece, congelati. A tutto ciò potrebbe aggiungersi la richiesta di consegnare a loro i 500 milioni di aiuti in dispositivi medici bloccati a Dubai che l'Organizzazione Mondiale della Sanità contava di distribuire agli sfollati interni afghani.

Ma il ricatto potrebbe facilmente allargarsi alle riserve valutarie per oltre nove miliardi di dollari del governo afghano bloccate presso la Riserva Federale di New York. E allora l'Amministrazione Biden e l'Occidente ne uscirebbero veramente in ginocchio. Ma le alternative non sono molte. La più improbabile è quella di un confronto militare. Ai talebani basterebbe infilare qualche decina di colpi di mortaio o una bordata di razzi «grad» (le famose katyusha) dentro il catino dell'aeroporto per fare una carneficina e bloccare irrimediabilmente decolli e partenze. L'unica alternativa per evitarlo sarebbe allargare di almeno dieci chilometri il perimetro di difesa dell'aeroporto o, in alternativa, un massiccio utilizzo di droni ed elicotteri capaci di neutralizzare le unità talebane pronte a colpire l'aeroporto con mortai o batterie lanciarazzi. Entrambe le ipotesi sono impercorribili. Per allargare il perimetro bisognerebbe convogliare a Kabul qualche decina di migliaia di soldati. Per colpire con elicotteri e droni bisognerebbe avere una base non lontana da dove rifornirli e farli alzare in volo. Mentre l'impiego di caccia bombardieri decollati da portaerei o paesi circostanti è assolutamente impossibile visto l'ambiente urbano. Ma un'operazione militare, oltre ad essere irrealizzabile, si rivelerebbe controproducente rispetto alle sue stesse finalità I talebani infatti moltiplicherebbero gli sforzi per impedire gli accessi al perimetro di evacuazione e gli inevitabili scontri armati vanificherebbero l'arrivo delle persone da evacuare. Dunque la trattativa sarà l'unica via d'uscita.

Quanto vergognosa lo decideranno quest'oggi i sette grandi.

Commenti