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Da Confcommercio allarme sulla crescita e assist al governo

I commercianti limano il Pil al +0,8% nel 2023. Ma promuovono le proposte fiscali in manovra

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Da Confcommercio arriva un allarme, ma anche un incoraggiamento al governo Meloni a proseguire con la sua ricetta. Il centro studi dell'associazione dei commercianti, nella sua analisi della congiuntura autunnale presentata ieri, da un lato taglia nettamente le previsioni di crescita del Pil 2023 a +0,8% (dall'1,2% precedente) e vede la congiuntura attuale «al limite della recessione tecnica». Dall'altra, però, il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli (in foto), serve un assist all'esecutivo quando afferma che «serve un'operazione fiducia», che passi dalla «detassazione degli aumenti contrattuali e delle tredicesime confermando, anche per il 2024, la riduzione del cuneo fiscale». Insomma, un set di proposte in linea con le volontà del governo, che ha già detto di voler dirottare una grossa fetta delle risorse disponibili al sostegno del potere d'acquisto dei redditi più bassi e della classe media, agendo su delega fiscale e taglio del cuneo. «Sarebbe una boccata di ossigeno in grado di rimettere in moto i consumi e la nostra economia», aggiunge Sangalli.

Del resto, l'impatto della maxi inflazione degli ultimi anni si fa sentire come una zavorra sulle tasche degli italiani. A tal proposito Confcommercio stima che le famiglie italiane abbiano sì cercato di sostenere i consumi, al costo però di intaccare la propria ricchezza finanziaria, con «una perdita reale per una famiglia pari a 17.600 euro di potere di acquisto, tra il 2021 e il 2023», fa notare il direttore dell'Ufficio Studi, Mariano Bella.

Ora il problema delle famiglie è cercare di «ricostituire quello che hanno eroso» e questo comportamento avrà «un impatto negativo sui consumi dello 0,5% per l'anno in corso. La previsione per il 2023 è di 0,9-1% di crescita dei consumi, e di 0,7-0,8% nel 2024. Ad Agosto «il calo di consumi è stato dello 0,2%».

Al momento, sembra essere esaurito l'effetto spinta che aveva permesso all'Italia di crescere più di Francia e Germania negli ultimi anni post pandemici. Perfino il turismo, che pure era stato un buon motore nella ripresa, sta mostrando segnali di rallentamento. Si attendeva, infatti, un boom estivo capace di controbilanciare le secche del settore industriale. Ma così non è stato: sono infatti otto milioni le notti perse nei primi sei mesi del 2023 rispetto al 2019, questo implica che per fare il «record» a luglio e agosto ci dovrebbe essere un +5% oppure +10% in uno dei due mesi. Sulla base di indicazioni frammentarie e parziali, osserva il centro studi, tale boom non sembra essersi verificato.

A incidere non è stato tanto il famoso «effetto Albania», con la spesa degli italiani all'estero che risulta stabile, ma le ripercussioni su reddito e ricchezza che si sono riversate sulla spesa turistica. E non è solo un problema nostrano, perché è scesa anche la spesa degli stranieri per notte rispetto al 2022 e al 2019.

Tra le buone notizie, tuttavia, si registra un «valore tendenziale dell'inflazione di ottobre, in assenza di shock, che scende dal 5,3% all'1,9%». Questo potrebbe lasciare spazio a una ripresina per il 2024, anche se Confcommercio ha rivisto in negativo anche le stime per l'anno prossimo che sono passate da un +1,3% a un +1 per cento. E l'Italia, dopo avere conosciuto una fase incoraggiante per il Pil e il mercato del lavoro, adesso non può permettersi di ritornare alle tristi abitudini di crescita allo zero virgola tipiche del periodo pre-pandemia.

E su questo Bella afferma che «la congiuntura a breve termine preoccupa anche per i riflessi sulla finanza pubblica, quanto più piccolo è il prodotto interno lordo, quanto meno cresciamo tanto più è problematica l'impostazione della manovra».

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