Cronache

"Controlli prima dello scoppio". L'ombra della mafia sulla rete

Verifiche 5 giorni prima della tragedia: "Niente criticità". Le indagini: nel 2014 il commissariamento delle società

"Controlli prima dello scoppio". L'ombra della mafia sulla rete

Lacrime e polvere. I soccorritori, sfiniti, inghiottono ma continuano a scavare a Ravanusa, nell'Agrigentino, tra le macerie delle palazzine distrutte nello scoppio di sabato sera per una fuga di gas dalla condotta cittadina. Le speranze di trovare dei vivi, oltre alle due signore anziane, Rosa Carmina e la cognata Giuseppa Montana, erano pressoché nulle, perché i cani molecolari non avevano intercettato movimenti o rumore, ma fino all'ultimo i parenti dei dispersi hanno sperato nel miracolo.

Poi ieri il labrador Luna dei vigili del fuoco ha individuato 4 corpi che si aggiungono ai 3 del giorno prima. Tra questi quello dell'infermiera 30enne Selene Pagliarello con in grembo il corpicino del bambino che sarebbe dovuto nascere domani. Ritrovato il corpo del marito, Giuseppe Carmina, e del suocero Angelo, infine quello di Carmela Scibetta, moglie del prof. Pietro Carmina, che era stato recuperato morto domenica con Enza Zagarrio e Gioachina Calogera Minacori. I pompieri scavano in un punto preciso, dove si ritiene siano sepolti gli altri due dispersi, un 70enne e il figlio di 30 anni.

A Ravanusa è il tempo del dolore, ma è anche il tempo della giustizia, quella che si è già messa in moto con un'inchiesta per omicidio plurimo e disastro colposi aperta dalla procura di Agrigento e che inizia a dare i primi risultati e pare che il procuratore capo Luigi Patronaggio abbia già gli elementi necessari per iscrivere alcuni nomi sul registro degli indagati, azione che consentirà di svolgere determinati accertamenti. I carabinieri hanno scoperto che cinque giorni prima della tragedia era stato effettuato un intervento di manutenzione ordinaria sull'impianto della rete di metano e non erano state individuate criticità. Bisognerà accertare se l'operazione è stata condotta a regola d'arte e se la probabile rottura della tubazione della condotta del metano sia successiva all'intervento, magari per uno smottamento in quella zona soggetta a frane. Al vaglio degli inquirenti il verbale dell'intervento.

Sul conto della Italgas che eroga il servizio si è scoperto che nel 2014 erano state rilevate criticità nella condotta del metano. Quell'anno la Italgas era stata commissariata per 6 mesi, prorogati di altri 6, dalla sezione misure di prevenzione di Palermo quale risultato di un'inchiesta sulla Gas Spa, gestita da un imprenditore, ma di fatto riconducibile a Vito Ciancimino. Il pool di tecnici che aveva fatto controlli in mezza Italia aveva verbalizzato che il 76% della rete del metano gestita da Italgas necessitava di «essere sottoposto con urgenza a un intervento di risanamento».

Tra le difformità individuate nella rete di Agrigento c'è l'uso di sfabbricidi come materiale di riempimento (pericolosi perché in caso di fuoriuscita di gas non consentono la formazione di spazi per l'accumulo) e «interferenze parallele non protette con cavidotto a diretto contatto» ovvero mancata sicurezza nelle tubature. Risultato, si chiedono gli inquirenti oggi, della gestione in odor di mafia che aveva fatto scattare il commissariamento? E gli interventi necessari di risanamento nella condotta che, come ha detto il col. Stingo dei carabinieri Agrigento, «è vetusta» furono eseguiti?

Alcuni residenti sentivano puzza di gas da giorni, anche una delle sopravvissute, ma non risultano segnalazioni a Italgas.

Lascia interdetti anche la maxiparcella di 120 milioni di euro che gli ex amministratori giudiziari inviarono nel 2020 al Tribunale di Palermo per il solo 2014.

Commenti