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De Luca: "Meloni str...". Il silenzio della sinistra

Il presidente della Campania con 300 sindaci marcia su Roma La premier: "Lavori di più invece di manifestare". E lui la insulta

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Vincenzo De Luca marcia su Palazzo Chigi, alla testa di un corteo di sindaci meridionali in fascia tricolore, per chiedere udienza all'esecutivo al grido di «non potete far morire il Sud».

E la protesta anti-autonomia, dopo le bandiere e i comizi in Piazza Santi Apostoli, vira in sceneggiata: cordoni di polizia che respingono i primi cittadini di piazza e di governo, cordoni di fotografi e operatori che riprendono la scena, urla, spintoni, canti di Bella Ciao. «Ci dovete caricare, ci dovete uccidere!», grida lui, incitando le truppe alla resistenza. Poi spiegherà: «Le forze dell'ordine non c'entrano, è il governo che ha un atteggiamento indegno».

Fino al culmine, quando al Governatore della Campania (che, respinto da Palazzo Chigi, si è infilato nell'adiacente palazzo di Montecitorio) viene riferito il commento tagliente di Giorgia Meloni, impegnata in quel di Reggio Calabria a firmare un accordo di sviluppo e coesione: «I presidenti di Regione sono tutti collaborativi salvo uno. Lo rispetto, per carità, ma se invece di fare le manifestazioni ci si mettesse a lavorare si potrebbe ottenere forse qualche risultato in più», dice la premier. De Luca esplode: «È un atteggiamento intollerabile: centinaia di sindaci stanno qui perché non hanno i soldi neanche per l'ordinaria amministrazione, e tu gli dici lavora? Ma lavora tu, str...a!», commenta in un colloquio con un paio di cronisti. Senza sapere di essere ripreso di nascosto da un telefonino: il video rimbalza su tv e agenzia e scatena un pandemonio. Sdegno e vituperio nel centrodestra: insorgono uno dopo l'altro quasi tutti i ministri, mentre dallo stato maggiore di Fratelli d'Italia arriva una raffica di richieste di dimissioni del presidente campano, o addirittura di inviti a «internarlo». «Il Pd prenda le distanze», chiede Luca Ciriani.

Si dissocia «dai modi e dalle forme» anche Clemente Mastella, sindaco di Benevento sceso nella Capitale per partecipare alla protesta: «Il Rubicone del sacrale rispetto delle istituzioni e delle persone che le incarnano - ammonisce - non può e non deve essere oltrepassato: quando si trascende e si viola il confine del rispetto reciproco, del bon ton e del buon gusto io non ci sono». È severo Matteo Renzi: «De Luca, ottimo politico, qui sbaglia profondamente. Ho l'impressione che sia vittima del suo personaggio e quindi debba alzare i toni». Carlo Calenda parla di «giornata di ordinaria follia: istituzioni che si sgretolano tra insulti, sceneggiate e provocazioni».

Il Pd si ritrova invece in grave imbarazzo: tra il governatore e Elly Schlein corre pessimo sangue, la segretaria sa benissimo che dietro la prova di forza di piazza, ieri, c'è la questione esplosiva del terzo mandato e del suo «niet» alla ricandidatura di De Luca. Ma la bandiera del no all'autonomia da non lasciare al presidente campano, e la paura del voto al Sud - che secondo alcuni sondaggi potrebbe essere catastrofico per il Pd, vittima del sorpasso di M5s - obbligano i dem a barcamenarsi. Schlein, presa di mira da Fdi («Intervenga», «Lo cacci altrimenti è complice») tace. Al Nazareno, ieri, si è trattato con la questura per far togliere un presidio di Ps davanti al partito, a due passi dalla manifestazione: «Ci manca solo che sembri che chiediamo alle forze dell'ordine di difenderci da De Luca».

E Antonio Misiani, responsabile economico di Schlein, definisce «grave e inaccettabile» che nessun esponente del governo «si sia degnato di confrontarsi con gli amministratori del Sud».

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