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La delinquenza giovanile sta dilagando. Ma prevenire è meglio che incarcerare

Vanno interdette alla micro-criminalità le zone centrali ritenute più "appetibili"

La delinquenza giovanile sta dilagando. Ma prevenire è meglio che incarcerare

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Ormai le notizie e i video sulla criminalità giovanile passano quasi inosservati: ma se si consultano le fonti più varie (Istat, Ministero dell'Interno, Dia, Antigone, report e statistiche) la conclusione è più o meno la stessa: non è solo la quantità, ma è la qualità della devianza minorile a essere cambiata. Capirlo non è difficile, e il problema è valicare la coltre di polemiche politiche legate all'emanazione del Decreto Caivano, quello che, tra altre cose, permette di arrestare anche i minori nel caso si renda necessario: sempre che come è accaduto a Rozzano non mandino a spacciare anche i minori di 12 anni. Ma se fosse questo, il problema, non sarebbe neanche nuovo, la rarefazione di Cosa nostra si è accompagnata infatti a un minor numero di minori segnalati e questo al contrario di come viceversa accadeva a Napoli, dove, dal 2014 (anno dell'esordio di «Gomorra» in tv) si avvalsero ragazzini per controllare le piazze di spaccio. Così, nel biennio 20142016, a Napoli, rimasero uccisi 60 ragazzi tra i 16 ed i 19 anni. Ma, pur terribile, è rimasta un'onda corta.

La criminalità giovanile è riesplosa in forma diversa dal 2021 (dopo la pausa Covid) soprattutto nelle regioni del Nord Italia, caratterizzate da altissime densità abitative (Milano e Torino per citarne due) in cui spiccava un grande numero di minori giunti coi flussi migratori degli ultimi anni. Anche qui, prima di valutare, ci sono da superare coltri di fumo soprattutto mediatico (le città ritenute d'un canto «insicure», la lagna dell'influencer insultata per strada) prima di capire alcune delle ragioni più logiche che hanno trasformato certe periferie metropolitane in potenziali bombe delinquenziali, composte peraltro da gioventù non integrate che spesso dicono di non volersi integrare.

Anzitutto i numeri: nel Nord-Ovest (Liguria, Lombardia, Piemonte e Valle d'Aosta) tra il 2021 e il 2023 si registra un numero di segnalazioni di delitti minorili quasi doppio rispetto alle regioni del Sud (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise e Puglia) anche se il numero delle denunce, sappiamo, non sempre corrisponde al numero di reati effettivi. Ma altri fattori, pur più sociologici, sono evidenti. Nelle periferie del Nord si sconta l'aumento del costo della vita, la privatizzazione di alcuni servizi pubblici, una maggior difficoltà a fruire di servizi che trasformano in «privilegiati» gli abitanti del centro agli occhi di chi pensa di avere ingiustamente meno di altri. L'Istat ha evidenziato che nelle periferie hanno più difficoltà di accedere ai pronto soccorso, alle farmacie, ai supermercati, alle poste e soprattutto ai trasporti. Forse questo non basta a spiegare perché dal 2021 in poi c'è stato un aumento del numero di risse, lesioni, percosse e furti da parte di minorenni, e non basta a spiegare perché questi reati sono stati attribuiti a un crescente numero minori stranieri. Ma basta a spiegare che qualcosa, e subito, andava fatto: non, mentre brucia la casa, un blaterato «controllo sociale» o una chimerica «assistenza», non la scuola che non è uno strumento di polizia, non i genitori qualche volta irresponsabili, talvolta complici - e non un'improbabile riprovazione ambientale da parte di chi li circonda. Gli idranti, mentre brucia la casa, andavano diretti in direzione degli status che la devianza giovanile persegue: il ritiro dei cellulari, l'interdizione dal frequentare zone in cui il crimine faccia appunto «status», o altre zone appetibili per la micro-criminalità in quanto centrali, benestanti, palestra di apprendistato per scippi e risse e vandalismi. L'azione andava e va diretta verso quei troppi disgraziati genitori che non mandano nemmeno i figli alla scuola dell'obbligo, accusabili di «elusione» o addirittura «elusione assoluta» nel caso la prole non risulti neppure iscritta a scuola. Questo era l'intento del Decreto Caivano, che è molto più di niente e di cui valuteremo i risultati. A Rozzano spacciano a 12 anni: per questo si è palesato un nuovo tipo di ammonimento che scatti tra i 12 e i 14 anni, con annesso obbligo di firma due volte a settimana. Per questo, in certi casi, si vogliono rendere punibili pur blandamente i genitori. Tutto è resto è (era) lasciare che il destino passi da un soave impunità alle mani di un giudice coi suoi chiari di luna.

Ma prevenire è meglio che carcerare.

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