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D'estate ci si spoglia ma, per favore, manteniamo il decoro

Arriva l'estate, ed ecco che il paesaggio improvvisamente cambia. Non solo il paesaggio esterno, ma anche quello umano: la gente si comincia a vestire più leggera, a cambiare abiti, scarpe, anche modi e comportamenti. Tutto diventa, per quanto è possibile, più rilassato, più libero, più giocoso. E questo è bene: perché l'estate è il momento della libertà, del sole, dello svago, anche quando si è in città e si lavora. Così, non è raro imbattersi in città in ragazze e donne vestite leggere, colorate, svolazzanti, che danno un senso di libertà, di leggerezza e di gioia al solo vederle. Anche gli uomini e i ragazzi sono in genere più liberi, meno imbrigliati nei loro abiti da ufficio. Tutto bene, insomma: colore, leggerezza, abiti corti, pelli abbronzate e senso di libertà. Ma capita anche a volte di trovarsi di fronte a scene meno piacevoli. Niente di eclatante, magari, ma una caduta di gusto e di stile generale che spesso si accompagna a questa stagione. Come ad esempio quegli uomini e quelle donne che girano per le città con aria un po' allucinata, sfiancati dal caldo, mezzi svestiti come se fossero nel bagno della propria abitazione. Io non dico che ci di debba vestire tutti sempre in maniera formale: l'estate è, appunto, il momento della non-formalità, tutti si sentono in diritto di vestirsi in maniera più spontanea, oltre che più fresca. Ma spontaneo non vuole dire sciatto. E vestirsi leggeri è un conto, svestirsi è un altro conto. Non si vede perché, infatti, d'estate si debba andare in giro come i membri di una colonia nudista. Non siamo scimmie, abituate a mostrare e ostentare il proprio pelame ai loro simili: siamo uomini, e abbiamo, se non sempre un decoro, certo un'intelligenza e una capacità di adeguarsi alle situazioni che dovrebbe permetterci di riconoscere un atteggiamento volgare da uno piacevole e decente. Così, credo che l'invasione di calzoncini estremamente corti, che lasciano fuori le gambe piene zeppe di peli come quelle dei primati, di ciabatte, infradito, canottiere e quanto altro il cattivo gusto degli uomini abbia saputo escogitare, sia un fenomeno da rifiutare e da correggere il più possibile. Il turismo di massa nelle città d'arte è un esempio tipico di questo atteggiamento sciatto, ma anche chi rimane in città a lavorare a volte è portato ad adeguarsi a questo generale scadimento estetico generale. L'uomo ha la sua mascolinità, l'estetica ha un valore, e tutto questo va salvaguardato, anche d'estate. In questa stagione, infatti, è bello vedere camicie fresche, anche un po' aperte, magari colorate, i piedi senza calze ma infilati in scarpe morbide: non a piedi nudi come animali, o peggio ancora con ciabattine squallide che paiono uscite dalla bancarella di un mercato stagionale. Cerchiamo allora, anche d'estate, di essere eleganti e il più possibile belli da vedere: cerchiamo di avere senso estetico, che ci porterà ad essere affascinanti e sensuali. Pensiamo a quelle meravigliose immagini e fotografie degli anni Sessanta o Settanta, con artisti e scrittori vestiti con i loro cappelli bianchi, con le falde, con le loro camicie aperte che sembrano essere state realizzate apposta per andare a trascorrere qualche mese in Côte d'Azur o in qualche località di mare italiana. Pensiamo ad Alain Delon, a Jean Paul Belmondo, a Mario Soldati con i suoi panama bianchi, a Jean Cocteau con la sua eleganza impeccabile.

Questa è la vera essenza dell'estate: dove il caldo offre l'occasione per vestirsi meglio, più liberi e scanzonati, ma mai sciatti o volgari.

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