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Draghi riforma la giustizia penale e cancella l'era Bonafede. Sì alla "Cartabia"

"La riforma della giustizia è un'esigenza imperativa" aveva tuonato la Guardasigilli Marta Cartabia, fedele alla ambiziosa missione di ridurre i tempi della giustizia civile del 40% e quella della giustizia penale del 25%

Draghi riforma la giustizia penale e cancella l'era Bonafede. Sì alla "Cartabia"

«La riforma della giustizia è un'esigenza imperativa» aveva tuonato la Guardasigilli Marta Cartabia, fedele alla ambiziosa missione di ridurre i tempi della giustizia civile del 40% e quella della giustizia penale del 25%, così da accedere ai 2,3 miliardi stanziati dal Pnrr. E il Senato ha risposto per una volta con uno spirito unitario a questo appello.

Dopo le tensioni registrate tra fine luglio e inizio agosto alla Camera sul processo penale, questa volta la risposta dei gruppi parlamentari è stata diversa. Prima la richiesta di fiducia sulla riforma del processo civile, andata segno con 201 voti a favore e 30 contrari. Poi il primo dei due voti di fiducia sul processo penale sui due articoli che ne costituiscono l'impianto, su richiesta del ministro per i rapporti con il Parlamento Federico D'Incà.

«Abbiamo una serie di richieste da parte della Commissione europea che, in cambio delle importantissime risorse del Pnrr, ci chiede alcune riforme. Però le riforme vanno fatte in tempi prestabiliti, e quindi la fiducia, dopo aver fatto un lunghissimo passaggio nelle Commissioni, ci aiuta ad accelerare il lavoro dell'aula e poter andare verso quelle richieste europee che ci permettono di mettere poi a terra queste importantissime risorse» ha spiegato D'Incà a Sky Tg24.

A questo punto se il civile dovrà tornare a Montecitorio, il penale entrerà nella fase di dettaglio con i decreti legislativi. Nel merito i punti cardine della riforma del processo penale, targata Cartabia e frutto di una lunga quanto difficile mediazione all'interno della maggioranza. Prevede interventi sulla prescrizione, una modifica del «regime speciale» per alcuni reati, del principio della improcedibilità fino ai criteri di priorità per l'azione penale, affidati al Parlamento. La riforma è composta da due parti: la prima con norme immediatamente operative, la seconda contiene una delega al governo. Le nuove norme vanno a modificare in gran parte il ddl Bonafede, che giaceva da oltre un anno in commissione. L'impostazione complessiva della riforma, così come voluta dalla ministra Cartabia, mira a velocizzare i tempi dei processi, andando ad agire anche sui riti alternativi. Viene poi introdotto il principio della «giustizia riparativa», norma fortemente voluta dalla Guardasigilli Cartabia. Un intervento che riequilibria in parte lo sbilanciamento «accusatorio» voluto dal precedente ministro.

«La riforma del processo penale è necessariamente un compromesso tra sensibilità diverse, ma oggi va finalmente in archivio la parentesi giacobina del fine processo mai, e torna così in auge il garantismo costituzionale, una conquista di civiltà che in questo Parlamento non era certo scontata» commenta Anna Maria Bernini. Un concetto rimarcato in sede di dichiarazione di voto anche dall'azzurro Giacomo Caliendo. Il Pd introduce la questione della riforma del Csm. «Sappiamo che la riforma del processo penale è collegata a quella del Csm sulla quale abbiamo depositato proposte chiare e incisive. Dobbiamo chiudere definitivamente una stagione che ha portato solo mali alla giustizia, quella del regolamento di conti tra poteri dello Stato», dice Anna Rossomando. Pietro Grasso, pur annunciando il voto favorevole di Leu, fa notare l'anomalia della norma che attribuisce al Parlamento il compito di indicare le priorità dell'azione penale. Chi si schiera contro, invece, è Fratelli d'Italia.

Un semaforo rosso che, come spiega Alberto Balboni, scatta sia per «la mancanza di riforme strutturali e soprattutto per l'assenza di una dialettica democratica, con un Parlamento ridotto a una scatola vuota a colpi di fiducia».

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