Guerra in Israele

Chi affama Gaza è soltanto Hamas

Si accomodi anche Josep Borrell, che per altro si è già esercitato molto nel passato, con l'accusa che Israele usi la fame come arma di guerra

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È facile, la porta è aperta: dopo che a Israele si è dato del genocida, colonialista e imperialista, ora che le folle danno la caccia agli ebrei nelle aule universitarie e nelle strade in America e in Europa, si accomodi anche Josep Borrell, che per altro si è già esercitato molto nel passato, con l'accusa che Israele usi la fame come arma di guerra. Non è vero naturalmente, ma nemmeno le altre accuse lo sono, ed è uno slogan politico in crescita. L'antisemitismo è terra ben concimata, l'orribile accusa di affamare i bambini si sposa bene con la criminalizzazione che nazifica lo stato ebraico.

Ma al 18 marzo entrano a Gaza l'80% di camion in più di prima della guerra adesso carichi di cibo; prima del 7 ottobre erano 70 al giorno, ora 126, sempre in crescita. Israele non mette nessun limite all'aiuto e ha aperto nuovi ingressi e nuove strade. Ma mercoledì scorso, per esempio, sei camion entrati da una nuova apertura sperimentale, sono stati sequestrati a forza da gente di Gaza, in parte di Hamas, in parte bande criminali locali. L'Onu ha confermato una «notevole crescita dello sforzo umanitario facilitato dalle autorità israeliane»; e l'ingresso giordano da Allenby da cui si portano aiuti a Keren Shalom, il maggiore ingresso israeliano, è stato allargato e rafforzato. Gli Usa e altri Paesi, compresa la Spagna di Borrell, mandano navi che sbarcano tranquillamente il loro aiuto.

Dov'è dunque il problema? Non è nella mancanza di cibo, che anzi ormai è accumulato in quantità nelle mani di Hamas, ma nelle furia e nella prepotenza dell'organizzazione di Sinwar, nella sua determinazione a tenersi il potere e quindi il cibo. Il problema non è negli aiuti ma nell'impossibilità di distribuirli come si deve finché Hamas regna. Da Hamas nasce la guerra, la morte (i cui numeri sono a loro volta manipolati, come i dati sulla fame), la malnutrizione (non carestia), la sofferenza di tutti. Basterebbe che restituisse gli ostaggi, che dai tunnel uscissero i leader. O persino se adesso accettasse le famose sei settimane di tregua, perfino in cambio delle sue condizioni, la liberazione di un migliaio di assassini di cittadini innocenti in cambio di qualche decina di ostaggi. Israele, per chi lo conosce, è il Paese in cui se un soldato colpisce un tredicenne che lanciava fuochi, subito si va a un'inchiesta fra un coro di accuse pubbliche. È appena successo. Per Hamas un bambino israeliano o ebreo della diaspora è un ebreo da uccidere con gusto. Anche questo è appena successo. Borrell sembra non ricordare che per Hamas è lo stupro a essere «un'arma di guerra». E dal suo alto seggio non ricorda invece cos'è davvero lo sterminio indotto per fame: basta per esempio che guardi le strazianti immagini del Sudan, dove le milizie islamiste in cambio del cibo pretendono la schiavitù di uomini, donne e bambini. Là 250mila bimbi stanno morendo di fame. Ma una parola per loro non si è sentita. Il doppio standard è una delle più note malattie dell'antisemitismo, insieme alla menzogna. Qui, vanno insieme.

Ogni ora le cose cambiano considerando le fragilità della popolazione di Gaza, Israele cerca di migliorare la sua strategia. Entrare a Rafah è indispensabile per concludere la guerra contro i peggiori terroristi del mondo.

Ritarda perché disegna complesse vie di aiuto alla popolazione.

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