Politica estera

Gantz atterra negli Usa. Lo schiaffo a Netanyahu

Scelto l'antagonista di Bibi come interlocutore L'annuncio: "Da Israele un sì al cessate il fuoco"

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Benjamin Netanyahu è sempre più isolato, e mentre il presidente Joe Biden ha avvertito che se continua così Israele rischia di perdere il sostegno della comunità internazionale, il ministro del gabinetto di guerra Benny Gantz vola a Washington (e Londra) facendo infuriare il premier. Una visita, quella del capo del partito di Unità Nazionale, che costituisce un ulteriore segnale della crescente frustrazione dei leader occidentali verso il governo dello Stato ebraico.

Gantz è atteso oggi nella capitale Usa per una serie di incontri con funzionari statunitensi, mentre al ritorno secondo il sito Ynet si fermerà in quella britannica. Il viaggio non è stato precedentemente coordinato con Netanyahu, e per questo ha scatenato l'ira del leader israeliano, che vede il membro centrista del gabinetto di guerra come un rivale e un possibile sfidante. L'ufficio di Bibi, stando ai media ebraici, ha «chiarito a Gantz che lo stato di Israele ha un solo primo ministro», precisando che il viaggio è stato organizzato senza l'approvazione di Netanyahu, contrariamente alle norme governative che richiedono «a ogni ministro di autorizzare il viaggio in anticipo con il premier». La visita di Gantz a Washington arriva dopo che nei giorni scorsi il presidente Joe Biden ha affermato che «Israele ha avuto il supporto schiacciante della stragrande maggioranza delle nazioni, ma se continua così con questo governo incredibilmente conservatore, perderà il sostegno di tutto il mondo».

Parole a cui l'alleato ha replicato dicendo che negli Stati Uniti esiste un ampio sostegno al suo governo. In realtà una proiezione recente di Ap-Norc mostra che l'atteggiamento negli Usa sta cambiando: il 50% degli adulti statunitensi intervistati a gennaio, infatti, ha detto di ritenere che le azioni di Israele siano andate troppo oltre, una percentuale che a novembre era al 40%. Intanto gli Stati Uniti hanno iniziato ieri il lancio di aiuti a Gaza da aerei militari: tre C-130 dell'Air Force hanno lanciato 66 pacchi contenenti circa 38.000 pasti per fornire «soccorso ai civili colpiti dal conflitto in corso», come ha spiegato ai media un funzionario americano, precisando che questi aiuti «non sostituiscono quelli via terra».

Il portavoce del consiglio di sicurezza nazionale John Kirby aveva annunciato venerdì il piano degli Usa di effettuare molteplici lanci aerei che dureranno settimane, parlando di una «dura operazione militare» che ha richiesto un'attenta pianificazione da parte del Pentagono. La radio militare israeliana, da parte sua, ha confermato che i lanci di aiuti sono avvenuti anche da parte di Egitto e Giordania, e nei giorni passati erano stati aerei emiratini e francesi a compiere operazioni analoghe. Biden, comunque, spera ancora «in un cessate il fuoco a Gaza entro il Ramadan», il mese del digiuno per i musulmani che inizia la sera del 10 o dell'11 marzo.

«Stiamo lavorando molto, ma non ci siamo ancora», ha detto ai giornalisti, mentre un funzionario Usa ha precisato che «la palla è nel campo di Hamas e Israele ha più o meno accettato l'accordo per una tregua di sei settimane». Oggi al Cairo dovrebbero riprendere i negoziati secondo quanto rivelato da fonti della sicurezza egiziana ad Al Arabiya: «Si ragiona su una lunga tregua nella Striscia e sullo scambio tra ostaggi israeliani e prigionieri palestinesi, ma per raggiungere l'accordo occorre stabilire il ritiro dello Stato ebraico dal nord di Gaza e il rientro degli sfollati».

Da Tel Aviv, però, una fonte politica israeliana ha precisato che «nessuna delegazione partirà per l'Egitto se prima non avremo ricevuto le risposte che abbiamo richiesto e se non avremo ricevuto la lista degli ostaggi ancora in vita».

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