Guerra in Israele

Il gioco sadico di Hamas. "Non dà i nomi dei rapiti"

Al Cairo riprende la trattativa su scambio e tregua, ma Israele non si presenta. Prima vuole informazioni su tutti gli ostaggi

Il gioco sadico di Hamas. "Non dà i nomi dei rapiti"

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Giocare a mosca cieca con degli assassini seriali può star bene in un film dell'orrore; nella realtà è un pericoloso paradosso. È quello cui si assiste in queste ore sulla pelle dei 134 ostaggi nelle mani di Hamas. Le delegazioni intorno al tavolo del Cairo, quelle di Stati Uniti, Qatar, Egitto, pendono dalle labbra dei rappresentanti dei mostri che hanno fatto a pezzi i neonati e violentato e ucciso le donne di Israele il 7 ottobre. Tutti aspettano che Hamas dica la sua parola definitiva. Israele, che ha accettato tutte le condizioni raggiunte a Parigi, aspetta a casa: non ha ritenuto utile e dignitoso farlo in un lussuoso hotel cairota. Serviti riveriti e incravattati fanno, aspettare il loro verdetto Ismail Haniyeh (che non si vede in foto) e Khalil al Hayya, il numero due dell'organizzazione.

L'accordo cui si era giunti a Parigi prevedeva: sei settimane di cessate il fuoco per quarantina di ostaggi sulla bancarella dei boia, in cambio di dieci prigionieri per ciascun ostaggio restituito; dovrebbero anche essere permessi passaggi dal Sud al Nord di profughi di Gaza, mentre si disegnerebbe una «zona cuscinetto» anche a Sud, con l'accordo dell'Egitto. Ma lo scambio in che cosa consiste? Chi sono i poveri innocenti che dopo cinque mesi di prigionia, di violenze fisiche, di fame e di malattie non curate devono essere scambiati con i delinquenti (giudicati secondo dalla democrazia israeliana)? Sono vivi o morti? Uomini, donne, bambini? C'è la famiglia Bibas? Non si sa. Hamas non è pronto a presentare una lista. Ed è un guaio perché senza uno straccio di impegno, ogni accordo rischia di finire nel nulla. Quello precedente è stato interrotto per decisione dei terroristi. Hamas dice che per fare la lista deve prima avere un cessate il fuoco che le consentirebbe un libero «shopping» qua e là, per verificare le vittime. L'ultimo sadismo consiste in questo: non si dice di chi si sta parlando. Potrebbero essere bambini, vecchi malati o le ragazze di cui si sa solo da chi era imprigionato con loro nelle gallerie che subiscono quotidiane violenze. Si tratta, per Hamas, solo di corpi senza vita? Bisogna comprare a scatola chiusa, ed è notevole che tutto il mondo, compreso Joe Biden, si immagini che se Israele insiste nel prendere un atteggiamento supplice, questo aiuterà a liberare gli infelici. La storia insegna che Sinwar cede solo quando si sente stretto alla gola: così ha fatto liberando gli altri ostaggi.

È evidente che la speranza di Biden, a fronte di un'opinione pubblica democratica che in parte disapprova il suo sostegno a Israele, è che uno scambio consentirà un susseguirsi di tregue che portino al cessate il fuoco. Così vedono lo scambio anche il Qatar e l'Egitto. Hamas tiene le carte coperte e chiede uno stop prima di dare la lista. Israele ha chiare due cose: la prima che non vuole invano infilarsi in una trappola che sembra fatta per scatenare un fuoco nelle giornate di Ramadan anche nel West Bank. E che quando si dice scambio, anche se è ingiusto e persino folle dare criminali in quantità contro un pugno di innocenti, almeno di questo si deve trattare: persone che di certo tornano a casa. Non un lasciapassare ad Hamas per raggrupparsi e rigerminare il mostro. Hamas vuole sospendere la decisione di entrare a Rafah, dove è probabile che si nasconda la leadership di Hamas e stanno i battaglioni residui dai 25 che aveva.

Israele non pare volerla inseguire con la benda sugli occhi.

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