Cronaca internazionale

Haiti in mano alle gang: 4mila evasi e premier in fuga

Assalto alle carceri e guerriglia in strada nella capitale. Scatta il coprifuoco, il primo ministro in Kenya chiede aiuto

Haiti in mano alle gang: 4mila evasi e premier in fuga

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Numerose segnalazioni di uomini armati e pesanti sparatorie vicino all'aeroporto di Port-au-Prince ieri notte, dopo che il governo di Haiti ha dichiarato lo stato di emergenza e il coprifuoco notturno fino a domani in seguito all'attacco di gang criminali alla prigione della capitale Port-au-Prince, il Pénitencier National, provocando sabato notte la fuga in massa di circa 3.600 detenuti. Le gang stanno conquistando sempre più potere ad Haiti dopo essersi coalizzate nel movimento «Live Together» guidato dal potente Jimmy Cherizier, alias «Barbecue», e controllano oramai l'80% della capitale. Inoltre, sono appoggiate da parte della popolazione nella loro richiesta di dimissioni del premier Ariel Henry e, non a caso, ieri i prigionieri liberati dal Pénitencier National cantavano a sostegno del leader della banda 5 Segonn Izo nel quartiere popolare di Village-de-Dieu di Port-au-Prince lo slogan «Ariel men Izo, jete w, jete w», tutt'altro che un complimento in creolo e poco rassicurante per Henry. Il primo ministro che, dall'assassinio del presidente Jovenel Moïse, il 7 luglio 2021, non ha mai indetto le elezioni tanto attese dalla popolazione, né le presidenziali né quelle per il parlamento. Da sottolineare che anche i killer di Moïse, un gruppo di mercenari colombiani, sarebbero evasi sabato notte. Anche se il governo ha comunicato che per «ristabilire l'ordine coprifuoco ed emergenza potranno essere estesi», il timore diffuso a guardare le immagini di giovani uomini armati nei quartieri popolari di Martissant e Cité Soleilè è che dopo la prigione capitolina siano prese d'assalto nelle prossime ore anche altre istituzioni pubbliche, a cominciare dal Palazzo Nazionale e dalla Questura.

Considerata la violenza senza precedenti che si sta vivendo nel paese caraibico, le ambasciate stanno cercando di proteggere i propri cittadini e, per questo, la delegazione Usa ha invitato i suoi connazionali «a non recarsi ad Haiti» e a coloro che risiedono nel paese ad «abbandonatelo il più presto possibile con mezzi di trasporto commerciali o privati, tenendo conto dell'attuale situazione di insicurezza e dei problemi infrastrutturali». E mentre le gang hanno dichiarato di fatto guerra al primo ministro Henry, questi attende con ansia la sua ultima ancora di salvezza, ovvero l'arrivo della missione multinazionale di sostegno alla sicurezza guidata dal Kenya, composta da suoi 5mila soldati ed approvata lo scorso ottobre dall'ONU.

Il ministro delle Finanze Patrick Boivert, alla guida del paese mentre Henry, secondo quanto riferito da media giamaicani, sarebbe in Kenya, ha dichiarato ieri che «alla polizia è stato ordinato di usare tutti i mezzi legali a sua disposizione per far rispettare il coprifuoco ed arrestare tutti i trasgressori». Difficile, viste le armi a disposizione delle gang mentre nel caos di queste ore, al momento della chiusura del nostro giornale si rincorrono voci sul fatto che Henry sia a Nairobi per fare pressioni affinché i soldati kenioti partano al più presto alla volta di Haiti, per affrontare i gruppi criminali che stanno mettendo a ferro e fuoco Port-au Prince.

Forse troppo tardi affinché si riesca ad impedire l'ennesima tragedia umanitaria in questa bellissima e martoriata isola caraibica.

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