Cronaca internazionale

"Ho il cuore spezzato. Mi impegnerò in ogni modo per raccogliere aiuti in Italia"

Malika Ayane: "In quella zona ci sono tanti villaggi di montagna"

"Ho il cuore spezzato. Mi impegnerò in ogni modo per raccogliere aiuti in Italia"

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"Ho il cuore spezzato. Mi impegnerò in ogni modo per raccogliere aiuti in Italia"

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«Ho il cuore spezzato e posso solo sperare che la situazione non peggiori». Malika Ayane è nata a Milano da padre marocchino e ha conservato con la propria terra d'origine un rapporto strettissimo, quasi viscerale, fatto di viaggi, ricordi e contatti frequenti. Ora segue con dolore quanto sta accadendo nella zona di Marrakech, che è non troppo distante da quella di Meknes della sua famiglia paterna. «Un vero dramma».

Il primo pensiero?

«Che dove c'è stato il terremoto ci sono tantissimi villaggi di montagna e i villaggi di montagna sono isolati, hanno costruzioni vecchie e lì lo stile di vita è rallentato ed è meno esposto alle sollecitazioni dei turisti. Sono luoghi ancora fermi nel tempo. Mi viene in mente, giusto per spiegarmi e non per fare paragoni di nessun tipo, la zona di Amatrice, bellissima e selvaggiamente devastata dal terremoto del 2016».

E adesso?

«Adesso è il momento del pianto. Ma dopo deve seguire subito l'azione per ricostruire. Si sta oltretutto parlando di una zona, quella di Marrakech, che è una zona patrimonio dell'Unesco, un tesoro dell'umanità. Ogni anno decine, centinaia di migliaia di persone la visitano perché ha un fascino meraviglioso».

E garantiscono anche un importante afflusso di capitale.

«Dopo il Covid e la conseguente paralisi del turismo, i cittadini di Marrakech sono stati bravissimi a ripartire, a ritrovare gli stimoli e a riprendere un'attività decisiva. Questo è un colpo fortissimo anche sotto questa prospettiva».

Il governo italiano ha subito garantito aiuto.

«Conto molto sugli italiani, anche perché la comunità marocchina è numerosa e ben integrata in Italia, i marocchini di seconda generazione ormai sono parte integrante del tessuto sociale. Sa cosa spero?».

Cosa?

«Che accada come accadde dopo l'alluvione delle Cinque Terre del 2011, quando gli italoamericani (ma non solo) si diedero molto da fare per raccogliere aiuti ed essere vicini a chi aveva perso tutto».

Lei che cosa farà?

«Mi darò da fare in tutti i modi per raccogliere informazioni e fare qualcosa di concreto, di utile. Soprattutto, cercherò di essere presente anche quando l'eco della notizia sarà meno fragorosa fuori dal Marocco».

Cosa intende?

«È inevitabile che lentamente i riflettori su questa tragedia diventeranno sempre meno intensi. Non accade perché la gente sia cattiva o disinteressata, ma perché è il flusso stesso della vita che ci porta a concentrarci su altro».

Qual è il suo rapporto con il Marocco?

«Ci vado spessissimo, l'ultima volta è stato nella scorsa primavera. Appena posso ci vado, i miei amici ora sono a Tangeri e, se non avessi impegni di lavoro, anche io ci sarei stata. Ma tornerò presto. Una scusa per tornare si trova sempre...

».

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