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La partita decisiva che si gioca sulle intercettazioni

Sono tornate le grida di allarme di una parte della informazione e di una opposizione movimentista pronta ad accaparrarsi una velleitaria difesa corporativa della magistratura?

La partita decisiva che si gioca sulle intercettazioni

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Quel nodo irrisolto chiamato intercettazioni. Sono tornate le grida di allarme di una parte della informazione e di una opposizione movimentista pronta ad accaparrarsi una velleitaria difesa corporativa della magistratura? Lo spunto l'ha offerto la imminente conversione del decreto legge del governo Meloni approvato lo scorso 10 agosto. Come noto l'origine del decreto in questione è una sentenza della Cassazione del 30 marzo del 2022, depositata il 21 settembre del 2022, che restringendo l'uso delle intercettazioni per reati di mafia ha determinato il governo a ricorrere ad una interpretazione autentica di una norma già in vigore dal 1991 stabilendo che nella nozione di «criminalità organizzata» debbano rientrare non solo i reati di mafia anche i procedimenti riguardanti reati compiuti col «metodo mafioso». Tale decreto ha suscitato opposte reazioni anche nel centrodestra: da un lato il plauso di coloro i quali hanno riconosciuto una efficace azione di contrasto alle mafie; dall'altro le vibranti proteste dei garantisti.

La conversione in legge del decreto Meloni sulle intercettazioni ed il punto di compromesso.

Il punto di compromesso interno alla maggioranza è stato raggiunto dalla approvazione degli emendamenti presentati dai parlamentari di Forza Italia e di Azione che hanno riguardato: l'obbligo per il Gip di motivare dettagliatamente le intercettazioni, senza rifugiarsi nel copia ed incolla del pm; il divieto di trascrivere conversazioni afferenti la vita privata degli interlocutori e non rilevanti; il divieto di usare le intercettazioni per reati diversi da quelli per cui sono autorizzati; l'obbligo per il Pm di rendicontare le spese. La fiducia alla Camera dovrebbe essere prevista per domani. Ma dove si gioca la vera partita sul nodo irrisolto chiamato intercettazioni?

Il nervo scoperto del divieto di trascrivere le intercettazioni cosiddette irrilevanti.

La vera partita si gioca sulla, non regolamentata, circolazione delle informazioni tra gli uffici di Procura e una parte del mondo dell'informazione e che sovente ha alterato la democrazia nel nostro Paese. Che l'argomento sia un nervo scoperto lo dimostrano le proteste dell'ex procuratore nazionale Antimafia, Federico Cafiero De Raho e dell'ex Procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato, che dopo aver definito il centrodestra «non garantista, ma classista e preso solo dalla foga di intralciare i processi, al punto da calpestare perfino i diritti della difesa e quindi degli indagati» hanno evidenziato come «impedire la trascrizione anche sommaria delle intercettazioni non rilevanti è un grave vulnus proprio per la difesa degli indagati».

Si tratta però di argomenti smentiti dalla realtà. Infatti, sulle modalità di selezione e gestione del materiale rilevante, già dal 1973 la Corte costituzionale con la sentenza n. 34 aveva sottolineato la necessità di predisporre un sistema a garanzia di tutte le parti in causa per l'eliminazione del materiale non pertinente in base al principio secondo cui non può essere acquisito agli atti se non il materiale probatorio rilevante per il giudizio. Il 17 aprile del 2015, gli allora Procuratori della Repubblica di Roma e di Milano, durante una audizione alla commissione giustizia della Camera dei deputati, si pronunciavano contro la indebita diffusione di intercettazioni irrilevanti acquisiti nell'ambito di un processo penale. Il 29 luglio del 2016, il Consiglio Superiore della Magistratura in una apposita delibera ribadiva il dovere del pubblico ministero titolare delle indagini di compiere il primo delicato compito di filtro nella selezione delle intercettazioni inutilizzabili e irrilevanti ciò al fine di evitarne l'ingiustificata diffusione.

Illecito utilizzo ed indebita pubblicazione delle intercettazioni.

Quindi il grido d'allarme lanciato dalle opposizioni nasconde l'estremo tentativo di alzare una cortina fumogena per impedire che vengano affrontate due fondamentali questioni: l'illecito utilizzo che delle intercettazioni può essere fatto nei casi in cui la legge non lo consenta; la indebita pubblicazione di notizie irrilevanti che anziché ledere fantomatici diritti della difesa hanno, in realtà, come fine la gogna mediatica e l'eliminazione del nemico politico di turno quando l'indagato riveste cariche pubbliche.

Temi sui quali si gioca una battaglia di civiltà giuridica e sui quali è oramai prossima la dirittura d'arrivo con la conversione del decreto legge.

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