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L'ultima capriola di Di Maio: "Basta selfie"

Tra le linee guida di "Insieme per il futuro" c'è la negazione delle stesse norme di condotta che hanno permesso a Giggino di diventare ministro: veleno contro gli avversari, populismo e... autoscatti

L'ultima capriola di Di Maio:  "Basta selfie"

Dai secessionisti agli scissionisti. È l'amaro destino toccato alla prestigiosa Sala della Lupa, nel piano nobile di Montecitorio. Quella che una volta ospitava gli aventiniani vogliosi di opporsi al Regime fascista, oggi deve assistere ai proclami della neonata creatura fondata da Luigi Di Maio insieme ai fuoriusciti del Movimento 5 Stelle: "Insieme per il futuro".

Il nome è già tutto un programma. Perché il futuro altro non è che quello che cercano i circa 60 tra deputati e senatori che hanno già aderito al raggruppamento ultragovernista tramite il quale sperano di ottenere una nuova poltrona nella prossima legislatura. Con Di Maio in primis. Smarcatosi dai diktat del M5S che lui stesso aveva strenuamente difeso, come il vincolo del doppio mandato, il Ministro degli Esteri ha scoperto all'improvviso che la pensione a 35 anni non faceva per lui. Abituatosi all'aria pura dei ministeri (dal Mise al Ministero del Lavoro fino all'attuale incarico alla Farnesina), ha federato gli scontenti della linea politica (?) di Giuseppe Conte intorno ad una nuova ideologia: il "draghismo".

Le tre ore di assemblea di "Insieme per il futuro" sono servite per chiarire che si tratta di un progetto che nasce morto. Perché l'obiettivo non è guardare davvero al futuro, bensì all'anno prossimo. Alle elezioni 2023. Anzi, forse meno, visto che il coordinatore politico, l'ex Ministro Vincenzo Spadafora (una riedizione del "capo politico" grillino), ci tiene a ricordare a tutti che il nome verrà cambiato prima di subito: "Lo abbiamo scelto perché tra un mese si dimentica".

Una premessa davvero visionaria. Ma del resto, la stoffa grillina non si può rinnegare, e così anche l'orizzonte di questa costola pentastellata sarà identico a quello del M5S: non lasciare traccia di sé. Un programma politico davvero ineccepibile, all'insegna di poche, pochissime parole chiave dettate da Di Maio in persona: "Stabilità del governo" (e perché non fondare un nuovo gruppo frammentando ancora di più il Parlamento?), "stop alle ambiguità in politica estera" (le stesse create dal Di Maio vicepremier amicissimo di Russia e Cina?), "basta a populismi e qualunquismi" (gli stessi che gli hanno permesso di entrare nel Palazzo e barricarcisi dentro?), "i messaggi di odio non sono più tollerabili" (erano tollerabili solo quando bisognava arringare la folla in cerca di voti anti-sistema?).

Soprattutto, la regola numero 1: "È ora di farla finita con la politica dei selfie. Serve concretezza". Detto da Di Maio fa davvero sorridere. Solo nell'ultimo anno sbirciando sul suo profilo social, che in quanto diario ufficiale di un Ministro è anche una vetrina istituzionale, di selfie se ne contano almeno uno al mese. Come i calendari Pirelli.

Da quelli in stile "food influencer" con uovo di Pasqua alla mano o pizza napoletana sullo sfondo, a quelli da "travel blogger" durante le vacanze in Puglia, da quelli "sportivi" con i protagonisti dell'Italia che ha vinto l'Europeo nel 2021, a quelli (senza distanziamento né mascherina, come gli accadde nell'agosto 2020 insieme a Scanzi) durante i lavori del World Food Programme in piena pandemia.

Da oggi, però, si cambia registro. Lui, tanto, di selfie non ne ha più bisogno visto che può contare sul suo fotografo (da 35 euro all'anno). E chissà che provvederà occasionalmente a servire anche i capigruppo di Camera e Senato del suo nuovo partito provvisorio: la trentenne campana Iolanda Di Stasio e l'ex giornalista Primo Di Nicola. Anche perché, come specificato da Di Maio, il suo non sarà un partito "personale" bensì "una forza che ascolterà le esigenze dei tanti sindaci che in queste ore mi stanno contattando. Sarà un'onda civica".

Chissà di quali comuni, visto che il Movimento 5 Stelle grazie ai suoi servigi già dopo le amministrative dell'autunno 2021 aveva ufficialmente perso tutti i primi cittadini nei capoluoghi di provincia d'Italia, dopo le debacle già registrate a Roma e Torino. La verità è che "Di Maio senza selfie" è l'emblema perfetto del nuovo Giggino, quello che tra la gente non può più starci perché verrebbe preso a male parole e che in questi anni di governi (tre diversi) ha studiato da animale da Palazzo più che da capopopolo. Proprio per riuscire ad incarnare meglio la figura che intendeva combattere: il politico lontano dalle persone.

Anziché menzionare le esigenze dei cittadini, Di Maio ha descritto perfettamente lo schema del suo soggetto politico: "Da qui a settembre dovremo irrobustire le nostre relazioni, ci sarà una fase costituente, dobbiamo puntare a far nascere qualcosa di più grande". Qualcosa che non sia "radicalizzato" come il M5S, qualcosa che non metta in discussione "la sicurezza del governo", qualcosa che non perda alcun tassello nei posti chiave, tipo le commissioni. "Insieme per il futuro" ne guida quattro: Politiche Ue, Agricoltura, Esteri e ciliegina sulla torta pure quella d'inchiesta sulle Banche. È da lì che passano i progetti di legge che poi approdano in Parlamento. Ed è lì che si concentrerà l'azione politica di Di Maio. Le piazze sono un ricordo lontano.

Da dimenticare in fretta, come il nome del suo partito.

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