Guerra in Israele

Gli imam aizzano le Hamas d'Europa

In Francia prima il messaggio di pace, poi la rettifica a uso interno. Il caso Birmingham

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«La comunità ebraica soffre, e noi con lei», dichiara Mohamed Hafiz in tv, rettore della Grande moschea di Parigi. È seduto accanto al Gran rabbino di Francia, Haïm Korsia, entrambi invitati la scorsa settimana per un appello alla pace. Guardando in camera, nella trasmissione di punta di Bfmtv, l'imam sottolinea che l'islam ordina di «non prendersela mai con i civili» e «mai prendere in ostaggio». Ma se l'islam non lo ordina, Hamas lo ha fatto il 7 ottobre assaltando Israele, e di ostaggi ne ha fra le mani ancora 242.

L'incontro tra il rabbino e l'imam serviva a stemperare gli animi; appello (in tandem) in una Francia in cui gli atti antisemiti in tre settimane sono stati più del doppio dell'intero 2022. L'intento sembrava riuscito. Pace, fratellanza, dialogo: secco no alla violenza. Finché la studiosa del Centro nazionale della ricerca scientifica, Florence Bergeaud-Blackler, già nel mirino degli islamisti europei per il libro-inchiesta sulle strategie di penetrazione nelle società occidentali dei Fratelli musulmani (il movimento a cui Hamas si ispira), ha scovato il comunicato indirizzato in seconda battuta dall'imam alla comunità musulmana; una rettifica, perché ad alcuni le sue parole in tv erano parse troppo concilianti.

Ed ecco la retromarcia: «Non ho mai commentato la natura terroristica o meno di Hamas (ciò significa che non ho mai detto che Hamas fosse un movimento terroristico, né il contrario). Ho detto che sarebbe ingiusto dire che il popolo palestinese è terrorista. Per me era importante difendere le vittime innocenti causate da una nuova aggressione israeliana che si aggiunge ad altri attacchi perpetrati in passato». È il doppio volto dei professionisti del caos (moderati in tv, radicali in moschea) che l'Ue sta riscoprendo. Ma c'è di più: il sermone in cui considera «legittima la resistenza del popolo palestinese». «Questa è la posizione che mi impegno a sostenere», spiega nel comunicato stampa, rivendicando il potere di indirizzo delle moschee: «Ho scritto personalmente il sermone dell'ultimo venerdì, letto da 150 imam in tutta la Francia, pregando Allah di liberare i nostri fratelli di Gaza, di sostenerli, chiedendo giustizia e la fine dell'aggressione». Le condanne delle atrocità di Hamas scompaiono. È resistenza. E aggiunge sibillino: «Il nostro progetto resta valido».

Le sue parole al miele in tv avevano fatto scalpore fino in Algeria, suo Paese di origine, oggi saldamente pro-Hamas. E si è subito azionata l'armata ideologica europea. Il quotidiano panarabo edito a Londra, al Quds al Arabi, gli ha rimproverato d'aver sconfessato le dichiarazioni del leader di sinistra Mélenchon, unico capo-partito a non parlare Oltralpe di Hamas in termini terroristici. Quindi è tornato all'ovile. Mentre Tariq Ramadan, considerato uno degli ideologi di Fratelli musulmani in Occidente, ha evocato le condizioni mentali di Netanyahu accomunandole in sostanza a quelle di Hitler. Così nascono i cartelli delle piazze. Da lingue felpate a quelle più sciolte. In Gran Bretagna il predicatore Abu Ibraheem Hussnayn nella moschea Mohammadi di Birmingham cavalca l'onda d'odio: «Prestate attenzione alla profezia! Verrà il momento in cui i musulmani combatteranno gli ebrei. E le pietre verranno in loro aiuto. Oh musulmano, dietro di me c'è un ebreo, vieni e uccidilo».

Tutto in un video del 20 ottobre.

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